Leonardo Bonucci of Juventus FCduring the UEFA Champions League quarter final match between FC Barcelona and Juventus FC on April 19, 2017 at the Camp Nou stadium in Barcelona, Spain.(Photo by VI Images via Getty Images)
Non ho mai sopportato gli insulti alle persone perché non credo possano giovare alla nostra vita quotidiana. Non ho capito le minacce di morte nei confronti di Higuain quando dal Napoli è passato alla Juventus. Alcuni commenti furono bollati come vergognosi, livorosi, utilizzati da napoletani che non sono capaci di vincere. Poi, quando un giocatore dalla tua squadra – la Juventus scudettata – finisce per scegliere un’altra meta allora il bon ton, il rispetto sabaudo cade e si manifesta la rabbia nel peggiore dei modi. Leonardo Bonucci, noto Leo era, sino ad ieri, un calciatore della Juventus, un pilastro della difesa, una B del trio Bonucci-Barzagli-Chiellini BBC e che da oggi rimane orfana (diventa BC che ricorda le famose strip degli antenati e visto che parliamo di Vecchia Signora ci può stare). Bonucci è passato al Milan squadra non troppo simpatica al popolo juventino e comunque un’antagonista. Se fosse stato ceduto al Chelsea o al Real nessuno avrebbe protestato più di tanto, ma nel nostro provincialismo votato all’eccesso, una “bandiera” bianconera non può vestire impunemente la maglia rossonera. E’ successo molte volte in passato e, ne sono convinto, continuerà a succedere che qualche giocatore sarà apostrofato come “core’ngrato”. Fa parte del gioco delle cose: sono professionisti e vanno dove stanno meglio o presumono di stare meglio. E’ anche una questione di soldi. Bonucci ha firmato un contratto quinquiennale da 7,5 milioni a stagione più 2,5 di bonus che gli garantirà il Milan e risulta, ad oggi, il giocatore più pagato dell’intero campionato italiano. Più di Higuain. Bonucci gioca a pallone – e lo fa molto bene – le esigenze di mercato vogliono Bonucci e il costo è quello. Domanda e offerta si incontrano, le tifoserie un po’ meno. Infatti i tifosi della Juve non l’hanno presa proprio bene e hanno cominciato a calare come orde di unni infuriati nel profilo di Facebook del calciatore e anche in quello della moglie augurando addirittura la morte al figlio Lorenzo, guarito da pochi mesi da una grave malattia al cervello. Sarà il caldo, sarà l’estate, ma davvero ritenete che questo sia un problema? Davvero si può volere la morte di un bambino perché il padre ha cambiato squadra? Certo, non lo ha fatto Riva, non lo ha fatto Totti ma ci sono frotte di giocatori che hanno girovagato tra diversi club. Era in fondo una partita di calcio e quello doveva restare. I diritti tv, il campionato spezzatino, tre quotidiani sportivi urlanti, radio che parlano solo di calcio, movioloni, processi su facebook hanno fatto di questo sport solo una macchina economica senza alcuna passione. Passare dalla Juve al Milan o viceversa fa parte di questo nuovo gioco. Come non ci sono più le mezze stagioni non ci sono neppure le bandiere che vestivano una maglia dall’inizio della carriera sino a quando riattaccavano le scarpe a qualche tipo di chiodo e sorridevano dentro un bar. E’ un altro sport dove i tifosi dettano la linea della squadra: protestano, insultano, bloccano le partite, pretendono (con i soldi degli altri) di avere tutti i top-player del mondo. Leo Bonucci è solo un ragzzotto di 30 anni che ha fatto delle scelte per il suo futuro. E le ha fatte bene ma non lo dico da tifoso del Milan (non lo sono mai stato, non lo sono e non lo sarò, così come non sono tifoso della Juve) ma lo dico da osservatore disincantato verso uno sport che sempre meno mi appassiona. Non insultate i calciatori e tantomeno le loro mogli e i loro figli. Fuori, se vi affacciate alla finestra, c’è un mondo più complicato dove conviene conoscere i fondamentali per poter sopravvivere e la vostra squadra, nel mondo reale, non farà niente per aiutarvi. Uscite e affrontate la vita vera e lasciate perdere un bambino che ha come unica colpa quella di avere un padre bravo a tirare calci ad un pallone.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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