Il corpo svelato, orribile e crudo, che ci racconta come la violenza può essere indicibile, spartiacque assurdo tra la cattiveria e l’inutilità. Oggi il personaggio del giorno è Stefano Cucchi, suo malgrado. E’ infatti di ieri la notizia che la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque carabinieri coinvolti nella morte del giovane ragazzo. Le accuse sono omicidio preterintenzionale, abuso di autorità, falso nella compilazione del verbale di arresto e calunnia. Brutta storia. Bruttissima fin dal suo inizio dove il depistaggio, l’omertà e, diciamo anche una buona dose di vigliaccheria, ha visto sfilare davanti a giudici poliziotti penitenziari e dirigenti del Ministero della Giustizia che sono risultati invece estranei ai fatti. L’atto, la violazione del corpo non avvenne in carcere ma, come pare ormai assodato, all’interno della caserma dei carabinieri, all’interno di un luogo pubblico, dello Stato. All’interno di casa nostra. Perché di questo si tratta: di violenza di Stato e non è una bella notizia per chi quotidianamente lavora affinché questo paese non debba vergognarsi dei propri rappresentanti. Il personaggio del giorno è Cucchi suo malgrado perché ieri a Lavagna, in Liguria, un ragazzo minorenne si è suicidato. All’uscita di scuola i finanzieri gli avevano trovato una stecca di hashish e successivamente si erano recati a casa sua dove, davanti ai genitori, perquisivano la stanza. Il ragazzo, probabilmente non ha retto allo stress, ha aperto la finestra e si è gettato di sotto. Chiaramente questo caso è molto lontano dall’omicidio Cucchi. Eppure anche qui i famosi gessetti bianchi stridono al contatto con la lavagna mentre proviamo a scriverne. Anche qui lo Stato è presente all’estremo atto, anche qui siamo davanti ad un corpo svelato, orribile e crudo che ci vuole raccontare qualcosa. Quel qualcosa non è semplicemente il male di vivere adolescenziale ma è, più probabilmente, l’impossibilità di essere in grado di gestire la propria esistenza in tutte le sue fasi. Non siamo davanti ad un sequestro enorme di una partita di droga e non siamo davanti al grandissimo spacciatore: il ragazzo, minorenne, era incensurato. Dovremmo provare a pensare se tutto questo ha un senso giuridico: se, per esempio, non sarebbe necessario un ripensamento sul proibizionismo, su questo voler mostrare i muscoli con i piccoli spacciatori solo per poter affermare di riuscire a mantenere una sorta di legalità all’interno di un territorio che, invece, ha anche altri problemi. E’ facile liquidare il tutto con “tanto era uno spacciatore”. E’ stato detto per Cucchi, per molti ragazzi che con qualche grammo di hashish finiscono a Bancali o a Uta, ragazzi che non c’entrano nulla con il carcere, con il concetto estremo del carcere. E’ facile essere moralisti in un paese dove alcuni vengono chiamati “negri”, dove tutti hanno un cellulare in tasca che è divenuto nel corso degli anni una vera e propria arma che a volte uccide con le parole. Però, per carità, lo spacciatore di hashish è il male assoluto, quello additato da tutti come la gramigna da estirpare. Ritorniamo a Cucchi, alla sua strana vita e all’incrocio con un destino crudele. Torniamo a Cucchi e chiediamoci: davvero è stato giusto massacrare un ragazzo anche senza avere la volontà di ucciderlo? Torniamo a Cucchi e guardiamo questo minorenne sul suolo freddo, dopo il salto in un vuoto di silenzio e di ipocrisia. Vi sembra normale uccidersi per una perquisizione che avrebbe rivelato, al massimo, la scoperta di un altro panetto di hashish? Non vi sembra il caso, invece, di provare a modificare il nostro orizzonte e pensare, seriamente, di legalizzare le droghe leggere? Ci sono molte droghe pesanti completamente legali: il gioco d’azzardo, le slot machine, le chat, certe pagine su internet. Una canna non potrà peggiorare la situazione (detto da uno che non ha mai fumato e mai giocato, ma questo è un altro discorso).
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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