Il Personaggio del giorno oggi è Sergio Zuncheddu da Burcei, 64 enne costruttore ed editore de L’Unione Sarda. Zuncheddu l’altro giorno ha scritto una lettera a Flavio Briatore, rivolgendoglisi con un confidenziale “tu” e, altrettanto confidenzialmente, avvertendolo di essersi rotto i c…. – credo stia per coglioni, ma Zuncheddu ha usato solo l’iniziale e i puntini di sospensione – delle sue irritanti lezioni di turismo indirizzate, con toni sprezzanti, ai sardi. Così scocciato, Zuncheddu, da comunicare a Briatore di non avere intenzione di incontrarlo per un affare che avevano in ballo. A quanto ne so, l’installazione di una succursale del Twiga all’Abi D’Oru: il Twiga è il locale che Briatore gestisce a Forte dei Marmi, l’Abi D’Oru è l’hotel nei pressi di Porto Rotondo di cui Zuncheddu è proprietario. La lettera è poi finita sulla scrivania del direttore de L’Unione Sarda che ha deciso di pubblicarla. Forse anche perché sembrava proprio una riflessione concepita per essere pubblicata sul giornale.
Sergio Zuncheddu e Flavio Briatore sono davvero così diversi, come la risposta veemente dell’editore lascerebbe intendere? Basta impugnare una bandiera dei quattro mori, raccontare spiccioli di storia e dirsi figlio di pastore per rappresentare gli interessi della Sardegna? Zuncheddu contesta Briatore per guadagnarsi un ruolo da polemista, in vista di orizzonti ancora da chiarire, oppure perché propone una ricetta economica per la Sardegna diversa da quella vagheggiata dal boss del Billionaire nei suoi scomposti contributi al dibattito?
Lasciamo stare l’intrusione, sempre insidiosa, di un editore che decide di impugnare la penna per scrivere sul giornale che gli appartiene, per di più a pochi giorni da un misterioso avvicendamento alla direzione. Veniamo ai contenuti. Zuncheddu ha raccontato a Briatore la storia di vessazioni e violenze secolari subite dalla Sardegna e le sue – di Zuncheddu, intendo – origini umili. Un modo per spiegare che i problemi della Sardegna hanno origini lontane e le ricette per risolverli non sono semplici così come, frettolosamente, Briatore propone. Un invito al ragionamento, alla complessità, all’attenziome, alla cautela, al rispetto.
Nei giorni seguenti, col tam tam del wen, Zuncheddu è così assurto a difensore dell’orgoglio sardo contro l’insolente milionario piemontese, abituato a comandare in casa d’altri secondo le abitudini dei colonizzatori di una volta.
Torniamo indietro di molti anni, esattamente 17. Era il 1999 e Zuncheddu era appena diventato editore de L’Unione Sarda, rilevata da Nichi Grauso. A Buddusò, in un dibattito pubblico, Zuncheddu riassunse la sua filosofia in un intervento raccolto dalla penna di Giacomo Mameli per Sardinews. Ve ne riporto un brano: “Se uno come me deve costruire, deve attendere cinquanta permessi, o se volete cinquanta accidenti, per metter su il primo mattone. Ma vi pare che un imprenditore debba chiedere una concessione, sì una concessione per costruire in un terreno che è suo? Il terreno è mio e io devo venire a pregare il sindaco? Ma po presgeri. Solo la terminologia – c o n c e s s i o n e – mi fa paura. Ma chini sesi?”.
Se avessi cercato di farvi credere che queste parole erano uscite dalla bocca di Briatore, non ci sareste cascati: ma solo per le due divagazioni in campidanese, perché per il resto mi pare che la filosofia sia esattamente la stessa che anima Briatore, il Grande semplificatore. Niente burocrazia, niente valutazioni, libertà massima per la proprietà. C’è traccia, in queste parole, della prudenza, della complessità e della cautela che l’editore de L’Unione esige dall’uomo del Billionaire?
In Gallura, Zuncheddu è conosciuto principalmente per il complesso Olbiamare, costruito nei primi anni novanta assieme e attorno alla Città Mercato, oggi gestito dalla multinazionale francese Auchan. Un tratto di costa, quasi all’uscita del golfo di Olbia, occupato da monolocali, bilocali e Trilocali, da un ipermercato che ha aperto la strada alla grande distribuzione in questa parte di Sardegna, con l’aggiunta del porto turistico, perché la ricetta vuole che si vendano posto letto e posto barca assieme. Se il pensiero espresso da Zuncheddu in quella lontana occasione fosse legge, un intervento così invasivo e importante non dovrebbe essere sottoposto al alcuna valutazione e non necessiterebbe di alcuna autorizzazione. Vi sembrerebbe normale? Non ricalca, questa interpretazione iperliberale dell’impresa, la stessa visione di Briatore?
Mi chiedo poi, aldilà delle parole e degli slogan, se quella del cemento sulle coste e della grande distribuzione ai margini dei centri urbani – con conseguente impoverimento degli stessi – sia una formula che rispetti e assecondi le vocazioni della Sardegna, cui Zuncheddu fa largo riferimento nella sua lettera a Briatore. A me sembra di no, ma possibile che mi sbagli. Però, se ponete il dubbio, vi risponderanno che non si possono mettere in discussione posti di lavoro e che quelle iniziative significano sviluppo e magari pure progresso.
Esattamente le stesse risposte che Briatore fornisce quando qualcuno attacca il suo Billionaire: dipendenti, indotto, ricchezza per il territorio. Solo che, nel complesso, Briatore incide sulla realtà sarda un millesimo di quel che invece incide Zuncheddu.
Certo, la Grande distribuzione a Olbia e in Sardegna sarebbe arrivata anche senza le Città Mercato, ma gli ipermercati in mezzo al cemento delle villette a schiera non sembrano esattamente un richiamo all’identità sarda.
Tutti siamo stati figli, nipoti e bisnipoti di pastori, ma questo non fa automaticamente di noi testimoni di quei valori. Come non basta a Briatore aver progettato una stalla, all’esame per diventare geometra, per sentirsi interprete della cultura agropastorale.
Un altro dubbio. Ma la pressante campagna di stampa de L’Unione Sarda contro il Piano paesaggistico regionale, nel decennio scorso, sarà davvero servita a difendere la Sardegna? Non si rischiava, con quella campagna, di favorire speculatori e predatori, gli stessi di cui si parla nella lettera inviata dall’editore al top manager?
Difficile che sul ruolo di Zuncheddu qualcuno in Sardegna abbia qualcosa da dire, perché certamente è tra gli uomini più potenti e rispettati: possiede il giornale più letto e ha una grande influenza sull’opinione pubblica. Però io credo che queste domande sia necessario porsele, anche in previsione del tunnel che l’informazione in Sardegna sta per imboccare. Torniamo indietro di quasi quattro anni, al dicembre del 2012. La redazione de L’Unione Sarda, riunita in assemblea, tolse la fiducia al direttore Paolo Figus e al condirettore Roberto Casu. Un voto che non obbligava l’editore a rimuovere il direttore, ma certo dava un’indicazione importante sul disagio vissuto dagli uomini e dalle donne che il giornale lo scrivono. L’Unione Sarda è un patrimonio dei sardi e svolge un’importanza funzione nell’informazione regionale, sarebbe stato ragionevole indagare quel disagio e fornire risposte ponderate. Il giorno dopo, accanto al comunicato sindacale che riferiva della sfiducia, figurava anche la risposta dell’editore. Ve ne estrapolo un passo: “Il direttore, unitamente al condirettore, gode della totale fiducia dell’editore, cioè mia, e questa è l’unica cosa che conta davvero nella mia azienda”. Anche in questa risposta, io ci vedo le stesse maniere spicce di Briatore, la stessa attitudine decisionista, per usare un eufemismo.
Zuncheddu ha tutto il diritto di esprimere la propria opinione sulle cose del mondo. Ma non gli basterà essere nato a Burcei ed aver avuto un nonno pastore per essere sicuro che la sua idea di Sardegna sia quella di tutti i sardi e per credere che tutti i sardi possano sentirsi rappresentati da lui.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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