In effetti, a ben vedere, la gestione in orario extrascolastico delle strutture sportive annesse ai plessi scolastici sarebbe di competenza dell’Amministrazione Comunale che la esplica direttamente oppure dando luogo a delle convenzioni con Società o Gruppi Sportivi locali, naturalmente con l’obiettivo di conseguire la necessaria diffusione delle attività sportive a tutti i livelli.
Però esistono anche campetti scolastici che al pomeriggio restano inutilizzati e il cui ingresso, sebbene vietato per motivi di sicurezza, resta ad appannaggio dei ragazzini del quartiere che ne fanno il loro abusivo teatro di gioco. E finché si tratta di adolescenti locali si chiude un occhio sulla sicurezza, ma quando a calpestarlo per una partita di calcio è una squadra di ragazzini extracomunitari allora il quartiere non ci sta e rivendica un diritto di utilizzo che indossa un certificato di residenza.
E’ successo a Sassari, nel quartiere Monte Rosello Alto, presso L’Istituto Comprensivo diretto dalla dott.ssa Rita Spanedda che è stata chiamata a dirimere la matassa, in qualità di dirigente scolastico, forse con la taciuta convinzione che esercitasse il proprio diritto di sfratto.
Rita Spanedda si è trovata davanti a una scelta difficilissima: applicare un regolamento certamente molto restrittivo, accontentando e assecondando quel rigurgito di egoismo razzista, oppure concedere una deroga e lasciare a quell’assembramento di migranti uno dei pochissimi svaghi a loro concessi.
In una tasca il cartellino rosso da sventolare sotto il naso di 30 ragazzetti e nell’altra un lucchetto per chiudere il campo interrompendo la partita in corso e in via definitiva anche tutte quelle future.
Quell’arbitro sui generis ha tolto le mani dalle tasche, lasciando lì cartellini rossi e lucchetti, e ha preso la decisione più sensata che potesse prendere: ha scelto di non scegliere.
Con quella non scelta ha implicitamente fischiato la ripresa della partita dei migranti interrotta dall’intolleranza. Ha dato prova di come, la non applicazione pedissequa di uno sterile regolamento, possa diventare un sublime insegnamento di integrazione, accoglienza e uguaglianza. Ha mostrato che una non scelta è una scelta, talvolta potentissima.
E Rita Spanedda in fondo ha scelto, sì. Di insegnare con l’esempio.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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