Personaggio del giorno: il Rally Costa Smeralda.
Se c’era una cosa che ogni anno non vedevamo l’ora che arrivasse, noi ragazzini galluresi degli anni Ottanta, questa era il Rally. Il Rally della Costa Smeralda era una specie di festa e per i tre giorni che durava si fermava quasi tutto. A me, per dire, per tutti i tre giorni non mi mandavano a scuola. Era aprile, iniziava a far caldo e ci accampavamo ai margini della strada sterrata, a gruppi di decine di persone, muovendoci con larghissimo anticipo: se la prova speciale prevedeva il passaggio del primo concorrente alle nove, noi alle sei eravamo già in movimento per installarci nei punti del percorso che gli esperti della compagnia avevano selezionato, ritenendoli i più spettacolari. Erano le uniche levatacce che non mi pesavano. Stavamo in mezzo alla campagna gialla di ginestra in fiore, che odorava di fettine panate, panini alla mortadella e caffè. C’era una elettrica eccitazione nell’aria. Un misto di entusiasmo da grande evento, ansia del risultato, velocità, pericolo, mondanità, perché col rally di aprile iniziava anche la stagione turistica e con la scusa della gara arrivavano i primi vip. Ci sentivamo un po’ al centro del mondo e le pagine dei giornali, zeppe di informazioni sulla corsa, ce ne davano conferma.
Dei piloti ne sapevamo poco. Conoscevamo quelli italiani – Dario Cerrato, Gianfranco Cunico, Miky Biasion, Maurizio Verini o Fabrizio Tabaton – ma di quelli esteri avevamo solo notizie si seconda o terza mano, dall’amico dell’amico che assicurava sempre: “Questo non si batte”. Lo dissero per lo svedese Stig Blomqvuist, che venne in Sardegna con la Saab, lo dissero per il francese Bernard Darniche, che guidava la spettacolare Lancia Stratos azzurra e vinse nel 1980. Lo dissero, è quella volta con tutte le ragioni, per il grandissimo Henry Toivonen, morto troppo giovane in un incidente, in Corsica. Nel 1981 arrivò dalla Finlandia Marku Alen, che era stato campione del mondo nel 1978. A vederlo, con quella sua pettinatura precisa e l’espressione neutra da merluzzo bollito, suscitava lo stesso interesse di un geometra del catasto, invece guidava la Fiat 131 Abarth ufficiale e quando calzava il casco andava come un razzo. I concorrenti arrivavano diversi giorni prima della gara, per provare il percorso. E spesso, per limitare al minimo i rischi di collisione col traffico ordinario, uscivano di notte. Una delle prove più avvincenti era quella delle Saline, la strada litoranea che collega Cannigione con Palau sfiorando il mare. Oggi è asfaltata, ma al tempo era su terra. Gli gli spettatori si piazzavano tutti nel tratto in cui il tracciato piegava verso Palau, attraversando una stretta lingua di terra sul mare, nei pressi del Camping Capo D’Orso. Se ne vedevano delle belle, tipo Adartico Vudafieri, pilota Fiat, che schiantò la sua 131 sugli scogli, davanti agli occhi terrorizzati di tutti noi. Quella sequenza, ripresa dalla Rai, restò a lungo l’immagine simbolo del rally. Bisogna sapere che la mania competitiva contagiava tutti, specie certi giovanotti locali convinti di non aver nulla da invidiare, nella guida, a questi altisonanti nomi del rallismo mondiale. L’inquinamento acustico, in quel periodo, aumentava sensibilmente, perché questi aspiranti driver mettevano mano alle loro fuoriserie trasformandole in piccoli bolidi con improvvisati interventi nei garage di casa, convertiti in officine. Poi, la sera, si appostavano nelle strade dove sarebbe passato il rally. E si mettevano all’inseguimento, per misurare le loro capacità e capire se questi mostri sacri, mostri sacri lo fossero davvero. Tra questi sfidanti c’era un certo Jummicheli, che credo facesse l’allevatore in cussogghja Micalosu, proprio nei pressi della mitica prova delle Saline. Quella sera, sotto il naso dei rallysti locali appostati in attesa della sfida, passò come un siluto proprio la 131 Abarth di Alen. Jummicheli non aspettava altro. Quel che accadde dopo è diventato leggenda e ancora oggi, trentacinque anni dopo, resta tema di discussione, anche serrata, tra chi è sicuro che le cose siano andate proprio come sto per raccontarvi e chi, invece, ne dubita. Quella sera dell’aprile 1981 il già campione del mondo di rally Marku Alen, al volante di una Fiat 131 Abarth ufficiale, venne inseguito e tallonato dalla berlina di Jummicheli, che al contrario dell’asso finlandese su quello stradone in terra battuta trafficava più volte al giorno e sempre ad un andatura molto più che allegra. La leggenda dice che non solo Jummicheli riuscì a stare incollato alla coda della 131, ma ad un certo punto iniziò a pestare sul clacson per chiedere strada. Dal giorno dopo, per tutti Jummicheli divenne “Alen di Micalosu”. Nell’aneddotica del rally quello fu un episodio conosciutissimo, almeno quanto quello accaduto negli stessi anni nella prova di La Crucitta, nei pressi di Sant’Antonio di Gallura. In mezzo ai primi concorrenti, quasi a fine prova, il pubblico iniziò ad applaudire una sagoma rombante che avanzava in mezzo ad una spessa nuvola di polvere. Tutti erano convinti che fosse un’auto in gara, fin quando la polvere di diradò e il mezzo divenne visibile: era il carro funebre di zio Paolino, il becchino, finito chissà come in mezzo alla corsa. Non so bene perché vi ho raccontato queste storie e non c’è neppure una ragione precisa. Erano bei tempi, ci si divertiva con poco e l’eccitazione dei giorni del rally Costa Smeralda credo resti nella mia memoria di ragazzo una sensazione irripetibile.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design