Tra meno di un mese saranno tre anni dall’alluvione disastrosa che colpì Olbia. Ma, a giudicare dai fatti, della profonda indignazione nata da quella tragedia annunciata sembra essere rimasta poca cosa e la difesa di certi interessi pare prevalere, ancora una volta, sui rischi per l’incolumità pubblica. Gli ultimi sviluppi del Piano Mancini lo dimostrano. Nelle ore, nei giorni e nei mesi seguenti all’alluvione del 18 novembre 2013, mentre ancora si piangevano i morti, tutti reclamarono a gran voce misure severe che ponessero fine, una volta per tutte, all’anarchia dello sviluppo urbano della città, una città nata sui fiumi e naturalmente a rischio, ma con una percentuale di abusivismo elevatissima, dove chiunque volesse costruire lo ha sempre fatto a piacimento. Questo giro di vite, dallo scorso anno, ha un nome: si chiama Piano Mancini ed è un programma di messa in sicurezza della città concepito dall’ingegner Marco Mancini e dal geologo Giovanni Tilocca. Prevede la messa in sicurezza dei canali, il loro allargamento, abbattimenti, espropri e tutta una serie di misure per ridurre rischi che non potranno essere, comunque, eliminati del tutto. È un programma che prevede sacrifici e privazioni, ma non ci poteva attendere di meno dal tentativo di rimediare a decenni di anarchia, superficialità e speculazioni. L’Autorità di Bacino ha approvato questo piano e tutto sembrava procedere verso l’adozione definitiva. Ma poi a Olbia ci sono state le elezioni e la nuova amministrazione, guidata dal sindaco Nizzi, non ha presentato le osservazioni e le integrazioni che la Regione aveva concesso, decidendo ufficialmente di rinunciare alla conclusione dell’iter. L’assessorato regionale ai Lavori Pubblici sta così commissariando la procedura, intervenendo laddove il Comune ha deciso di rinunciare. Ho provato a leggere le motivazioni di chi è ostile al piano Mancini, senza tuttavia riuscire a capire granché di questa posizione contraria. Forse è più facile concludere che, a Olbia, troppa gente dimentica in fretta.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design