Me lo chiedo da sempre. Qual è il senso di Natale per un occidentale, cattolico, laico, ateo, agnostico, credente di qualcosa? Cosa ci unisce ogni anno a festeggiare questo stranissimo e originale compleanno di un bambino nato povero sulle strade della Palestina? Me lo chiedo quando vedo sbarcare i profughi con i bambini con occhi enormi e lucidi e penso che quel bambino nato in Africa oggi sarebbe cacciato perchè extracomunitario. Eppure il Natale funziona. Ci si sente disponibili, più dolci e più buoni. Almeno per qualche giorno. Natale è come una tregua in una guerra continua e giornaliera tra noi e gli altri, dove gli altri sono tutti e dove tutto è complesso, dove noi siamo il centro di un cerchio che non esiste. Me lo chiedo da sempre. Qual è il senso di questa strana giornata che per i bambini è gioia e per gli adulti è contemplazione? Perchè tutto questo funziona un po’ da tutte le parti? Perchè è la storia che funziona. Il ricordo del bambino è un long-seller, un film che si rivede in famiglia con le lacrime agli occhi. Come i classici di Walt Disney, come Paperino e Biancaneve. O Cenerentola. Funziona perchè lo abbiamo sempre festeggiato. O, almeno, così ci sembra. Ogni anno si brinda alla vigilia di Natale con i colleghi. Lo fanno in tanti. Lo abbiamo sempre fatto. E’ un classico. Ognuno porta qualcosa e si sorride. Magari non tutto è come sembra, ma in quel giorno non ci sono musi lunghi. Avendo cambiato ufficio ho chiesto se avremmo festeggiato la vigilia. Tutti hanno detto di si. Una collega però mi ha ricordato che lei professa un’altra religione e non si sentiva a suo agio in una festa che ricordava una ricorrenza solo cattolica. Mi son fermato. Mi sono chiesto se tutto questo aveva un senso. Abbiamo deciso di festeggiare la fine di un anno intenso che mi ha visto per la prima volta insieme ad un gruppo coeso, pieno di passione. Abbiamo brindato e sorriso e abbiamo parlato di bambini da adottare. Senza nessuna religione. Abbiamo dato un senso al Natale: una bella parentesi laica che coinvolge un po’ tutti. Cattolici compresi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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