E’ passata come una notizia fugace. Neppure degna, come cantava una volta Guccini, di due righe su un giornale. Solo una velocissima apparizione sulle news on line e poi il silenzio. A Sassari alcuni giorni fa è deceduto un uomo ma nessuno, finora, si è occupato della sua sepoltura. Il suo corpo è abbandonato da diversi giorni in una cella frigorifera della camera mortuaria dell’ospedale civile. Nessun parente ne ha reclamato la salma. Il cittadino sassarese era povero, non aveva niente da lasciare e non aveva, sicuramente, neppure i soldi del funerale. Il comune di Sassari, attraverso l’assessora Amalia Cherchi, ha assicurato che si occuperà del caso, anche perché occorrerebbe garantire sempre la dignità a chiunque. La notizia, lo ripeto, è passata inosservata. Sulla Nuova Sardegna di oggi non c’è neppure un trafiletto e non penso ci sia stata nessuna comunicazione negli avvisi mortuari. Il cittadino di Sassari è diventato un perfetto sconosciuto, invisibile. Eppure dovremmo riflettere su quello che è la nostra vita terrena, fatta di incontri, scontri, peripezie ed alchimie. Eppure dovremmo riflettere su quello che è il senso della vita, della dignità. Lo dovremmo fare perché ci spetta: siamo noi i guardiani di ciò che accade in terra. Siamo noi che decidiamo chi includere e chi escludere, chi accettare e chi rifiutare. Siamo noi che costruiamo queste estrose strade. Il cittadino di Sassari ci ha camminato da sempre. Da bambino avrà giocato in corso Vico e quella luce verso la stazione pareva la scenografia di un futuro illuminato. Avrà regalato tiepidi baci tra il Duomo e il Corso, avrà acquistato una camicia e, magari, una cravatta per una festa particolare. Avrà bevuto, amato, bestemmiato e vomitato, calpestato quel suolo che gli sarà sembrato troppo duro e troppo avaro. Avrà lavorato in questa città e, magari avrà perso il lavoro. Avrà fumato e sorriso, avrà probabilmente ringraziato qualcuno o qualcosa. Sarà entrato in qualche chiesa a chiedere e ha aspettato una risposta che, probabilmente, non è arrivata. Poi, in silenzio ha consumato gli ultimi giorni della sua vita, come si succhia una mentina che diventa sempre più piccola, fino a scomparire. Quel cittadino di Sassari era vicino a noi, eppure è considerato un invisibile, la sua morte non vale neppure due righe su un giornale. Ecco, per noi, quell’invisibile è oggi il personaggio del giorno: quella voce afona che osserva muta una città lontana, quel cittadino che ha probabilmente amato la sua città e che ha diritto ad una degna sepoltura e ad almeno due righe su un giornale.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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