Signor Presidente del Consiglio dei ministri, io la eleggo personaggio del giorno (e anche dei prossimi giorni) per avere accettato, così si dice, di firmare nella mia città l’Intesa Governo-Regione. Ma soprattutto perché mi auguro che lei trovi educatamente e saggiamente il modo di mandare affanculo tutti miei concittadini che eventualmente da questo traggano motivo di sussiegoso orgoglio. Come lei saprà, noi abbiamo molto a che fare con i pisani, dai quali c’è chi dice che derivi persino la nostra lingua. Ma il Sassarese è ormai quasi soltanto il medium sgrammaticato dello spettro di quella “cionfra” accoppata dall’uso triviale che ne abbiamo fatto negli ultimi anni, ma viva sino a qualche decennio fa ed erede della beffa toscana che tra una dominazione e l’altra ci avete insegnato nel medioevo. O noi l’abbiamo insegnata a voi? Comunque di sicuro voi ci avete instillato la volontà di diventare uno dei primi e dei pochi comuni liberi d’Italia. Sull’esempio del più antico. Appunto Pisa. E mi scusi se parlo sempre della patria di Ugolino, che so voi fiorentini non amare più di tanto. Si immagini quanto la dovremmo amare noi: una volta quel conte della Gherardesca ci ha anche conquistati e massacrati. Ma sembra sia da loro, dai pisani, che abbiamo mutuato l’aspirata che nonostante tutto sopravvive nella nostra parlata e che forse è l’unica sopravvivenza di una Sassari fiera, produttiva, beffarda, combattiva, lavoratrice e colta. Quindi, mi sembra di capire che nella mia città avverrà non so quale atto formale che a lungo andare porterà alla Sardegna poco meno di tre miliardi di investimenti spalmati su vari settori. Uno è il collegamento dell’isola con il mondo: sarebbe la famosa “continuità territoriale” che da noi è una specie di interiezione come il vostro de’ e che noi sassaresi spesso alterniamo con un’altra interiezione che però non ha nulla a che fare con Ryanair, se non relativamente a quando la compagnia low cost periodicamente minaccia di andarsene. Un altro sono le strade e soprattutto le ferrovie, che sarebbero quelle parallele di metallo percorse da treni che in tutto il resto del mondo se funzionano male il popolo manda immediatamente alla forca chi lo governa. Persino Mussolini si è immediatamente sforzato di fare arrivare i treni in orario per fare dimenticare agli operai che gli aveva abbassato i salari. Ma in Sardegna noi e la nostra classe dirigente sopportiamo dai tempi di Stephenson, quello che ha inventato la locomotiva a vapore, il pessimo funzionamento di questo basilare, economico e popolare mezzo di collegamento. E poi la rete del metano, cioè quella che da anni e annorum consente al resto dell’Italia e dell’Europa di pagare bollette meno care delle nostre e di avere costi di produzione industriale più bassi. E mi fanno incazzare tutte le energie di cultura autoctona impiegate a parlare male dell’industria in Sardegna, che inquina e che stupra le nostre illustri tradizioni produttive, anziché a dire che la maggior parte dei fallimenti è dovuta al fatto che non abbiamo metano e che i nostri politici non sono mai riusciti ad ottenere degli sgravi compensativi. Se non in qualche caso sul piano strettamente personale sotto forma di carriere rapide e vertiginose non sempre commisurate ai meriti. Quindi, a ben vedere, se questa firma ci sarà e avverrà a Sassari, sarà per darci roba dovuta. Non sarà altro che l’ennesimo riconoscimento che la Sardegna è un pezzo di Italia come tutti gli altri. Che la fusione imperfetta sin dal 1847, quando i piemontesi dicevano che invece era perfetta, a poco a poco si sta perfezionando. Ma a preoccuparmi, signor Presidente, è soprattutto l’orgoglio che oggi mi è sembrato di cogliere in alcuni ambienti della mia città per la scelta di firmare qui la promessa della colossale erogazione di rimesse pubbliche. Quasi a statuire che noi sassaresi siamo il simbolo dell’economia assistita. Il che purtroppo non è del tutto sbagliato. Comunque c’era molta fierezza negli ambienti politici e istituzionali, soprattutto tra i nostri politici inviati a Cagliari, quasi che questo suo atterraggio ad Alghero, se confermato, sia una loro vittoria e una vittoria di tutta la città. Qualcuno era tentato di organizzarle, signor presidente, un’accoglienza tipo Giovanni Maria Angioy nel 1796. Ma poi i più avvertiti si sono ricordati come andò a finire quella faccenda ed essendosi sparsa la voce che lei sarebbe anche un po’ superstizioso, hanno preferito lasciare perdere. A dire il vero c’era anche la posizione più raffinata del grande popolo delle piste ciclabili, che nella protesta contro queste infrastrutture che rubano posteggi ai commercianti comprende tra gli altri anche il meglio della cultura campanilistica cittadina, quelli del “Cagliari merda” e di “Olbia provincia attaccati alla mincia”, slogan che denotano il desiderio di riscatto dalla crisi e la nostra vocazione a essere città metropolitana. Ecco, questo segmento diceva attraverso i suoi opinion maker : “Tanto i cagliaritani si mangiano tutto quindi questa roba di Renzi a Sassari è una presa per il culo”. Il che potrebbe essere non del tutto sbagliato. Così come, pur non appartenendo a quel popolo di protestatari della Curva Nord-Ovest, mi lascia un po’ indifferente questa possibile destinazione sassarese della reggenza generale dell’Asl unica. Quasi che il meglio per noi sia questa location turritana per il centro burocratico covo più di burocrati (scusi, signor Presidente, la tautologia) di vari livelli che di efficienza e di eccellenze sanitarie. Dicono che Sassari diventerà il centro di potere della sanità in Sardegna. Cazzate. Il potere, come lei sa, ce l’ha la politica e i centri politici non sono certo a Sassari. Ecco, quindi io spero che lei, signor Presidente, se venerdì prossimo sarà qui da noi, anziché rivolgere ai sassaresi il suo inquietante “stai tranquilla, Sassari”, ci desse un calcio in culo, di quelli che servono a scuotere. Che ci chiedesse perché ce ne freghiamo dell’aeroporto di Alghero che sta tirando le cuoia, cioè il nostro aeroporto, quello della città-territorio. Perché ce ne siamo fregati di fare diventare il porto di Porto Torres il nostro porto, quello del Sassarese, facendone uno straordinario volano di sviluppo, come è avvenuto per Cagliari. Vorrei che si informasse, signor Presidente, sulla nostra storia industriale e quindi ci rimproverasse di avere campato di assistenza dai riflessi della petrolchimica con le sue decine di migliaia di posti di lavoro diretti e indotti, e di essere rimasti come allocchi ad assistere alla sua crisi, senza capirne i motivi, come non avevamo capito quelli del suo arrivo, tentare di pilotarne la dismissione verso una politica di trasformazione: di difendere, insomma, quel benessere e quella civiltà che ci hanno fatto conoscere prima di togliercele. Vorrei che ci ricordasse, signor Presidente, che dei soldi che lei si porta appresso noi non ce potremo fare niente se li considereremo soprattutto rimesse pubbliche di carattere assistenziale e succulente briciole da spartire tra gli avanzi di politica residuati nella seconda città della Sardegna. Cagliari, invece, quella che “ci ruba tutto”, pur con tutti i suoi limiti e con i suoi vantaggi motivati soprattutto dall’essere sede della più grande industria sarda, cioè la Regione, quei soldi li saprà comunque usare molto meglio di noi. E a quel punto, signor Presidente, toccherà a lei dirci che questo avverrà perché Cagliari non li considererà rimesse assistenziali, ma li inserirà in un suo processo di sviluppo fatto di un porto (uno dei più grandi e attrezzati del Mediterraneo) intrecciato al suo stupendo retroterra, come poteva essere il nostro; di un aeroporto che se ti azzardi a metterlo in discussione, ad azzannarti sono i cagliaritani, non gli abitanti di Elmas; di un’industria in crisi ma difesa strenuamente e trasversalmente e che riesce a conservare le sue migliaia di posti di lavoro e quella cultura operaia e produttiva che costituisce parte integrante della moderna città capoluogo; e un processo fatto anche di quella cultura e di quella politica di cui noi credevamo di avere l’appannaggio e che si sta invece riducendo alle manifestazioni contro la Ztl e al primato della mostruosa zona extraurbana commerciale che ha svuotato la nostra città dalle poche attività produttive residue. Si prenderà qualche parolaccia, signor Presidente, come me la prenderò io per questo appello. Ma ci provi. E a proposito, lei è sempre segretario del Pd? Sì? Quindi conta qualcosa nel partito? Bene, perfetto. Vorrebbe chiedere, allora, al Pd sassarese e sardo perché vuole a tutti i costi indebolire il sindaco del Pd? Sì, signor Presidente, anche il sindaco è del Pd. E per voi, se lo fate cadere o lo costringete a dimettersi, c’è il rischio di regalare anche questa città ai 5 Stelle. Perché non sperate che, se sgarrettate questo, il prossimo sindaco ve lo scegliete voi.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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