“Vorrei che ci liberassimo da una sorta di senso di colpa. Noi non abbiamo il dovere morale di accogliere in Italia tutte le persone che stanno peggio. Se ciò avvenisse sarebbe un disastro etico, politico, sociale e anche economico. Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo. Ma abbiamo il dovere morale di aiutarli. E di aiutarli davvero a casa loro”. Da quando Matteo Renzi è sulla scena politica nazionale? Cinque anni? Sei? Sette? Non me lo ricordo. Per tutto questo tempo, non sono mai riuscito a capire se fosse solo un piazzista dalla parlantina sciolta e dalla sfrenata ambizione di potere o, invece, un abile tessitore, una faccia davvero nuova con un cervello così dotato da saper mettere in comunicazione i diversi mondi della politica italiana, cogliendo il meglio di ciascuno di questi. Poi, una settimana fa, Renzi ha dettato la sua nuova linea sull’immigrazione, con quell’articolo sulla rivista “Democratica”. L’ho riletto tante volte. Non volevo iscrivermi d’impulso al partito di quelli che sono sempre e comunque contro, né alla squadra degli altri, quelli che trovano sempre il modo di difenderlo, qualunque cosa dica o faccia. Credo che questa uscita riveli la vera natura di Renzi. Un uomo che segue la corrente. Forse per desiderio di potere, forse perché è realmente convinto che il comune sentire, su un problema come l’immigrazione, vada assecondato e ci si debba adeguare. O magari entrambe le cose. Quel che ho letto, nell’intervento di Renzi, è una sterzata, un brusco cambio di rotta, una presa di distanze violenta da alcuni tra i più profondi e fondamentali pilastri della cultura di sinistra: la pari dignità tra ciascun uomo di questa terra, l’internazionalismo, il diritto della solidarietà, il senso di responsabilità collettiva della storia, che è cosa ben diversa dalla colpa individuale di una generazione. C’è una presa di distanze, spericolata, nel linguaggio. “Aiutiamoli a casa loro” pesca senza esitazioni nello slang della Lega e di tutta quell’area politica e sociale che vuole ipocritamente liberarsi dal senso di colpa di un disastro umano epocale. Dobbiamo aiutarli ma non accoglierli, dice Renzi. Si possono davvero dividere, le due azioni e intenzioni? Se vedo uno che sta morendo bruciato nel fuoco e mi implora di salvarlo, cerco di tirarlo fuori tendendogli la mano o penso a spegnere il fuoco? Quelli che fuggono ora, che rischiano di morire ora, possiamo salvarli cercando di rimettere a posto le cose in Africa o in Siria, quando sarà? Chi rischia di morire oggi, può avere garantita la salvezza con questa prospettiva di aiuto intercontinentale? In linea di principio, non c’è dubbio che la soluzione migliore sia creare condizioni sostenibili di vita nei territori da cui questa gente fugge. Ma quando potrà accadere, se mai accadrà? Non sono tempi compatibili con la breve scadenza di una vita umana, quelli dell’aiutiamoli a casa loro. Propongo il significativo brano di un articolo firmato da Michele Farina, uscito sul Corriere della Sera del 14 luglio: “Più della metà degli africani vivono oggi nelle città. Bamaiyi Guche, 17 anni, secondo l’Economist è il tipico giovane imprenditore africano. Al mattino va a scuola. E al pomeriggio vende sacchettini di acqua potabile nelle strade assolate, portando a casa un dollaro al giorno, metà del quale va in tasse scolastiche. Vuole diventare dottore, non calciatore. Ci riuscirà nel suo Paese?” Se vuoi aiutarli, in questo momento non puoi che accoglierli. Alzare una barriera per dividere i due aspetti della solidarietà è anche questa una forma di ipocrisia, un maldestro tentativo di strizzare l’occhio a quelli che “non è un problema nostro”. Rileggo: “Noi non abbiamo il dovere morale di accoglierli, ripetiamocelo”. Ci invita a ripeterlo a noi stessi, Renzi, così che ci entri finalmente in testa, come un mantra, secondo le tecniche del battage pubblicitario proprio delle televisioni commerciali. Non mi piacciono le citazioni e non voglio scomodare Hannah Arendt, ma io credo che debba esistere per tutti noi un senso di responsabilità verso la storia e le cose del mondo, che non ci si possa arrendere alla banalità del male. Anche se il Francesco Giorgioni nato nel 1971 non è direttamente responsabile del grado di arretratezza economica e politica del sud del mondo, anche se non è responsabile della colonizzazione dell’Africa e del mancato sviluppo della Democrazia in quel continente, Francesco Giorgioni nato nel 1971 ha un senso di responsabilità verso il mondo e la storia, nella misura in cui capisce che a tutti va concessa una possibilità e che un confine non può mai essere una barriera contro l’umanità. Francesco Giorgioni non è personalmente responsabile degli ignobili massacri compiuti dall’esercito fascista in Africa Orientale, ma si sentirebbe responsabile nel momento in cui dovesse dimenticare o non trarre insegnamento da quella repressione e dalle ragioni ideologiche che lo hanno determinato (qui si dovrebbe aprire un inciso sull’apologia della dittatura, ma ve lo risparmio). Tornando sul punto. Lo so perfettamente che questa migrazione di massa pone problemi, domande e disagi. Sarebbe folle far finta di nulla. Ma se seguiamo Renzi sulla strada del “non abbiamo il dovere morale”, scardiniamo il sistema di valori sui cui è fondata la nostra civiltà più evoluta, il senso più profondo del Cristianesimo, la nostra Costituzione, la certezza che la vita umana venga prima di tutto. Un dovere, quello della vita prima di tutto, che ha mosso alla ribellione i pescatori di Lampedusa, quando la legge impediva loro di salvare i migranti ammassati sulle zattere. Non si abbandona nessuno, in mare. Ho detto che il problema delle migrazioni di massa è enorme. Ma siamo sicuri che le proporzioni attuali siano così dilatate, rispetto agli spostamenti dei popoli del passato? La Sardegna, secondo il censimento del 1951, aveva una popolazione di 1 milione e 276 mila abitanti. Nei sedici anni tra il 1955 e il 1971, secondo L’Emigrazione in Sardegna di Nereide Rudas, emigrarono dalla Sardegna 400982 sardi. A conti fatti, un terzo della intera popolazione residente. La popolazione residente in Africa è, invece, di 1,2 miliardi di persone. Se ne prevede il raddoppio nei prossimi trent’anni, ma se restassimo al dato attuale e volessimo paragonare questa migrazione a quella sarda del secolo scorso, dovremmo immaginare 400 milioni di persone che, da oggi al 2033, si spostino dal Continente nero verso Nord. Si tratterebbe di 27 milioni di persone l’anno. Le previsioni, per il 2017, danno l’arrivo in Europa di 200 mila migranti. Un numero che in termini assoluti ci sembra insostenibile, ma è infinitamente ridotto rispetto a certi trend di emigrazione del passato e rappresenta davvero una goccia nell’Oceano dell’immensa terra d’Africa. Renzi queste cose le sa. Ma preferisce non avere sensi di colpa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Ma in piazza d’Italia dove sorge il sole? (di Cosimo Filigheddu)
Faceva più caldo il 25 giugno 1961 (di Francesco Giorgioni)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.707 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design