Il personaggio di oggi è Marine Le Pen. La Leader politica francese che al prossimo giro (aprile), rischia di far saltare il banco e vincere le elezioni politiche in Francia, o almeno di far vedere i sorci verdi a quello, tra i due sfidanti tradizionali (socialisti e repubblicani) che arriverà al ballottaggio. Si, perché se da una parte è sicuro che la Le Pen vada al ballottaggio, dall’altra è lecito dubitare dei sondaggi che prevedono una sua sconfitta al secondo turno. Se non altro perché ultimamente i sondaggisti sembrano in difficoltà.
È anche facile, tutto sommato, ipotizzare questo scenario. Dopo Trump, dopo la Brexit, dopo la sconfitta di Renzi al referendum (non riducibile alla perfezione allo schema della “fine degli schemi”, ma il cui merito se lo sono intestato soprattutto forze politiche antieuropee guarda caso contente che esistano Trump e la Le Pen), c’è qualcosa nell’aria che rende verosimile una vittoria di quel progetto e che i sondaggi, appunto, non riescono a intercettare appieno.
La Proposta della Le Pen tenta di uscire fuori dagli schemi, è giusto dirselo. Il suo è un progetto che viene da una destra che più destra non si può, ma che innanzitutto tralascia le vecchie parole d’ordine, se è vero che nel comizio di Lione di qualche giorno fa, la Le Pen non ha detto una sola volta la parola “Destra” e il suo stesso cognome non compariva neanche sui manifesti. Si veda a questo proposito l’articolo di Flavia Perina su Linkiesta.
Rispetto al doloroso tema “quanto è utile parlare di destra e sinistra oggi?” la Le Pen sembra aver scartato di lato. I termini della questione che lei propone, almeno se si resta in superficie, non sono più destra vs sinistra ma globalizzazione vs antiglobalizzazione. I temi da lei toccati, immigrazione e tutele economiche per i più deboli, che un tempo sarebbe stato facile attribuire il primo alla destra e il secondo alla sinistra, sono l’esempio di quella difficoltà a mantenere in piedi la vecchia dicotomia. Oggi anche a sinistra, a tutti i livelli, si guarda con preoccupazione ai fenomeni migratori mentre a destra viene facile occuparsi di welfare, contro quella globalizzazione che produce “…nuovi schiavi per fabbricare prodotti da vendere a nuovi disoccupati…”.
Il suo avversario più temibile pare sia Emmanuel Macron, di area socialista ma spendibile anche per catturare voti nel centrodestra, laddove Francois Fillon sembra ormai tagliato fuori in seguito allo scandalo per l’assunzione di moglie e figli a ricoprire incarichi politici ben pagati.
Quindi lo scontro al ballottaggio, più che tra due candidati sarà tra due schemi. La Le Pen azzarda e si muove sullo sfondo del dilemma globalizzazione si-globalizzazione no; Macron invece, pur strizzando l’occhi alla nuova moda del “né destra né sinistra”, mantiene il vecchio dualismo Socialisti-Repubblicani, cercando di spostarsi verso il centro del campo (tattica usata anche in Italia, con successi labili e alternative ancora più labili) per travasare voti da una parte all’altra ma sempre all’interno della vecchia dicotomia. Egli però fa pur sempre riferimento così più a due elettorati che a due temi.
E io ho paura che la difficoltà a formulare proposte chiare sui temi caldi, sia il vero limite che rende le proposte tradizionali, a destra e a sinistra, così vulnerabili rispetto a proposte spiazzanti come quelle di Trump, di Grillo e, appunto, della Le Pen.
Meno male che in Italia c’è D’Alema.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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