Non è notizia di oggi, lo so. Ma è uno di quei fatti talmente sconvolgenti che mi è rimasto addosso per giorni, al punto da farmi allargare le maglie temporali della nostra rubrica e decidere di parlare di lei come personaggio del giorno.
Michela C. quella mattina è uscita di casa col più classico dei compiti affidato a un genitore: accompagnare la figlia maggiore al campo estivo e quella di un anno e mezzo al nido, per poi recarsi al lavoro. È bastata una piccola variazione al consueto giro, un’ inversione delle tappe rispetto all’ordine abituale e la piccola è rimasta nel seggiolino posteriore di una macchina che è diventata la sua bara. Nell’elenco mentale delle incombenze quotidiane di quella mamma la voce “bambine all’asilo” era stata spuntata. Depennata. Cancellata. Compiuta. Era il kg di pane nella lista della spesa che pensiamo di aver messo nella busta e invece, una volta arrivate a casa, scopriamo di aver dimenticato. Era la bolletta della luce, scordata sul tavolo, che ci accorgiamo di non avere in borsetta quando già siamo in fila all’Ufficio Postale. Una dimenticanza che non sposta di una virgola l’importanza dell’operazione, che non annacqua l’urgenza dell’azione e nemmeno imbastardisce le priorità.
Si chiama Amnesia Dissociativa e cancella una scadenza dalla nostra lista, facendoci proseguire la giornata come se avessimo adempiuto. Siamo delle Fiat Punto alle quali si chiede la prestazione di una Ferrari.
Ma se le scadenze della giornata riguardano un figlio, non sono ammesse debolezze e i j’accuse piovono addosso. Quale madre snaturata può dimenticare la propria figlia in auto?
Noi lettori abbiamo scorso inorriditi la notizia, le coscienze hanno avuto un sussulto.
Eccola lì, materializzata davanti agli occhi, la più temibile delle eventualità, la più umana delle possibilità, la più minacciosa delle evenienze. E’ quella che marchia a fuoco, che sbatte addosso le responsabilità e non certo la debolezza di non essere infallibili. Per placare il guizzo dell’anima è necessario provare orrore, ribrezzo e senso di repulsione per quella madre di merda.
Per far pace con la nostra coscienza, prendiamo le distanze: a noi una simile disattenzione non accadrà mai. Siamo troppo accorti, i nostri figli sono il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera.
Eppure io vorrei conoscere quale, fra tutte le mamme perfettine e organizzate che nei loro interminabili giri, pensando a come incastrare nella pianificazione della mattinata la fila all’ufficio postale, in banca e al supermercato, con il bambino nel sedile di dietro che sonnecchia silenzioso, non abbia neanche per un secondo dimenticato che il pargolo è lì.
Facile seppellire sotto cumuli di autoindulgenza le sviste personali per poi disseminare approssimative cognizioni di pedagogia e saggezza in giro per il mondo.
Michela C. è ovviamente indagata per abbandono di minore e omicidio colposo. E, più che fornirle alla magistratura, dovrà fornirle alla sua coscienza le giustificazioni per quella sbadataggine, perché sarà lei a svolgere l’indagine più minuziosa. Quella che la tormenterà per tutta la vita, la stessa che nemmeno a distanza di anni cesserà di far sentire la sua eco.
Ma se accade che, alla fine di una lunga giornata di lavoro, quando un figlio chiede di giocare con lui e un “No, c’ho da fare: vai in cameretta e prendi la PlayStation” riecheggia nella stanza, non viene da pensare che l’abbandono di minore, talvolta, si mimetizza perfettamente nella bonarietà di un genitore disteso sul divano?
[Foto www.mindcheats.net]
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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