Credo non ci sia più disonorevole ammissione di sconfitta, per il Silvio Berlusconi politico, del suo lagnarsi perché una società estera cerca di appropriarsi della sua azienda, peraltro secondo le logiche del libero mercato. È un rinnegare se stessi, l’ammissione che si crede in qualcosa fin quando quel qualcosa non danneggia noi. Questa faccenda dei francesi che vorrebbero scalare l’impero di Silvio mi sembra la triste chiusura dei nostri ultimi ventitré anni di storia, quasi un quarto di secolo con l’ex cavaliere di Arcore al centro delle istituzioni italiane. Perché Berlusconi è stato il massimo sostenitore del mercato, ne ha esaltato le proprietà taumaturgiche, raccontandoci dal 1994 che se avessimo lasciato la politica ai condottieri dell’impresa sarebbe stata tutta un’altra storia. Berlusconi era quello che, nel sistema binario della sua visione politica, predicava che lo Stato era il male e il privato era il bene, proprio perché il privato si faceva le ossa nella giungla della libera concorrenza. Berlusconi ci credeva al fatto che nel mercato non esistessero regole, credeva alla logica secondo cui il più forte emerge, vince sempre ed è giusto che sia così. Gli hanno creduto e gli credono ancora in tanti, a ragione o a torto. Che ogni mezzo fosse lecito, in quella concezione di mercato, lo abbiamo scoperto nel 2011, quando la Cassazione pronunciò il verdetto definitivo della ventennale contesa tra Berlusconi e De Benedetti per la proprietà di Mondadori. Finita alla Fininvest attraverso la corruzione di un giudice avvenuta per mezzo dei bonifici di un avvocato, già ministro della Repubblica nei governi del Cavaliere. Oggi che gli animali feroci della giungla rischiano di sbranare il biscione invecchiato, il profeta del libero mercato denuncia l’aggressione, chiede aiuto, interessa la politica e detta titoli allarmistici alle sue televisioni. Sapete, un po’ mi fa tristezza: è un segno dei tempi che passano e della vita che ci scorre sotto gli occhi. Però, caro Silvio, questo mercato è proprio quello che ti ha fatto grande. Non lamentartene.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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