Il personaggio del giorno è Luigi Manconi. Non perché proprio oggi abbia fatto qualcosa di particolare (che io sappia), ma perché siccome a fine anno si fanno i conti, ho realizzato che nel 2016 Manconi è stato l’italiano che meglio ha impersonato e guidato la mia confusa percezione della politica: dilaniata tra un affettuoso abbraccio vetero marxista che proviene da una indimenticabile e felicissima giovinezza e la necessità di vivere i tempi in cui viviamo. A dire la verità è da un bel po’ di anni che Manconi a sua insaputa contribuisce in maniera non indifferente a snebbiarmi il cervello. Ma quest’anno ha pubblicato un libro che si chiama “Corpo e anima”. Sottotitolo: “Se vi viene voglia di fare politica”. E’ un saggio scritto con l’anima (che è un organo che comprende il cervello, il cuore, la memoria, il presente e la speranza: non state a cercarlo, se non ne avvertite subito la presenza vuol dire che non ce lo avete) il quale spiega che il nuovo modo di fare politica in un’epoca sbrigativamente definita “post ideologica” è quello di partire dai propri simili, dalle loro sofferenze e dalle loro potenzialità e di garantirne i diritti. Manconi in questo libro ha tracciato il passaggio dalla politica della sinistra del Novecento alla vera nuova sinistra dei giorni nostri. Quello che, almeno secondo la mia accezione della parola “sinistra” , è il perimetro di impegno per un vero progresso sociale. Ed è un passaggio, così come lo descrive Manconi e per come lo vivo io, che ha molto di esistenziale. Molto sentito, in parole povere. Manconi quest’anno si è battuto, quasi sempre in pressoché splendida solitudine rispetto alla politica “istituzionale”, per tutto ciò per cui secondo me vale la pena di battersi. E’ stato l’unico che abbia unito nel caso di Giulio Regeni l’aspetto atroce delle sofferenze provocate dai diritti umani umiliati dalla dittatura e il volto di un Paese, il nostro, succube della violenza di un altro Paese in nome delle convenienze politiche ed economiche. E’ stato l’unico che giorno per giorno abbia dato un volto infinitamente e capillarmente umano al fenomeno della migrazione, pur senza sottrarlo alla sua dimensione di storico passaggio tra ere. Ha dimostrato con sconvolgente chiarezza che difendendo i rom o qualsiasi categoria perseguitata e discriminata stiamo difendendo tutta l’umanità, cioè noi stessi. Se cioè non bastassero i generici motivi umanitari, dovrebbe essere lo stesso nostro istinto di sopravvivenza come specie a consigliarci di batterci per i diritti delle minoranze sessuali, per quello alla salute, all’istruzione, per la tutela dei minori, per la libertà di informazione e di espressione, per le garanzie giuridiche e contro un sistema della pena che non rieduca e accoglie, per il pluralismo religioso e per ciascuno di simili pilastri del vivere sociale che credevamo acquisiti e che invece sono sempre più traballanti in un mondo dove le crisi economiche che impoveriscono i poveri e arricchiscono i ricchi sono provocate dal sistema finanziario e non dalle carestie o da altri dati oggettivi. Dice Manconi che davanti a questa rovina l’affermazione dei diritti umani non è una retorica ideologizzazione della parte ricca del mondo che scaltramente neutralizzi l’azione politica e la mobilitazione sociale. “L’affermazione dei diritti umani non è la soluzione: è la posta in gioco; il traguardo mai definitivamente raggiunto”. Una battaglia immane che può essere gestita solo da una sinistra che negli ultimi due secoli ha avuto come motivo di esistere soprattutto l’emancipazione delle classi subalterne e la liberazione dei popoli: “rese possibili nelle varie epoche grazie a un’idea universalistica ed espansiva dei diritti umani e grazie alla promozione della dignità di ciascuno”. Questo a dimostrare che come sempre le idee più nuove hanno radici profonde e antiche. E sul piano personale mi affascina il motto di Quaderni Piacentini che Manconi condivide: “Limitare il disonore”. Vuol dire prendere atto di una sconfitta senza arrendersi al senso di depressione che essa comunica: “In altri termini: fai ciò che devi e accada quel che può”
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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