Luciano Re Cecconi morì il 18 gennaio del 1977, dentro una gioielleria di Roma. Vi era entrato con un amico e, secondo quanto poi si disse, col bavero rialzato, fingendo una rapina per scherzo. Il titolare non capì, tirò fuori un revolver dal cassetto e gli sparò un colpo solo, che trapassò il cuore d’atleta di Re Cecconi. Al processo, il commerciante venne assolto per legittima difesa. Luciano Re Cecconi aveva 28 anni ed era un calciatore della Lazio scudettata di Tommaso Maestrelli. Una specie di guerriero biondo del centrocampo, la faccia spigolosa da epico lottatore. Non sono abbastanza vecchio per potermelo ricordare, ma qualche partita registrata con lui in campo l’ho vista: correva, randellava, ma sapeva anche giocare di tocco. Mi ha ricordato Romeo Benetti, anche fisicamente, se non fosse che Benetti in campo era un sanguinario. Questo post, però, non è un pezzo sul calcio. Qualche giorno fa il narratore e giornalista Giorgio Porrà ha raccontato la tragica vicenda di Re Cecconi in una delle rubriche che conduce su Sky. Come sempre, ma in questo caso ancora di più, Porrà è uscito dal fatto sportivo per raccontarci la società di quel tempo, intervistando persone che hanno vissuto quel 1977. Per chi è troppo piccolo o per chi ha rimosso la storia, il 1977 italiano fu un anno di angosciosa tensione civile. Nell’elenco delle vittime del terrorismo, se ne contano 13: poliziotti, avvocati, studenti. I feriti furono oltre trenta, ma il bilancio non rende l’idea di un clima infernale, fatto anche di tante rapine spacciate per espropri proletari. Tra le interviste ai testimoni di quel tempo mi ha colpito quella con Felice Pulici, che al tempo era il portiere dei biancocelesti e oggi è un elegante signore dall’eloquio forbito. Ha raccontato quegli anni: le rapine, gli agguati, gli opposti estremismi, l’odio e, nei benestanti, la convinzione che bisognava farsi giustizia da sé e che fosse necessario girare armati. Una convinzione che, per ironia della sorte, apparteneva anche ai leader di quella gloriosa squadra, la Lazio di Re Cecconi, i cui calciatori non facevano mistero delle loro idee di estrema destra e di avere sempre un’arma addosso. Re Cecconi non fu ucciso dal gioielliere, ma dal clima infame di quel tempo che non ammetteva scherzi e buonumore. Il gioielliere, lo ripeto ancora una volta, venne assolto per legittima difesa. Stiamo parlando di quarant’anni fa. 1977, quarant’anni fa. Oggi non c’è sezione di partito di sinistra che non abbia, tra i suoi argomenti di discussione, la sicurezza, anche se è la sezione di un paese dove l’ultimo reato denunciato è un furto di galline avvenuto nel 1978. La sinistra, ormai, ha dovuto arrendersi al linguaggio e ai contenuti di Salvini. Pare che si viva un’emergenza unica, nella storia, che mai come oggi ladri e delinquenti siano padroni del mondo. Invece è solo che non ci ricordiamo il passato o perché non vogliamo accettare che una certa percentuale di criminali, nella nostra società, esisterà sempre. Leggete questi dati del Sole 24 ore, per capire come questa emergenza sia, in realtà, soltanto suggestione: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/10/03/18162/?refresh_ce=1 Affermare che non esista una vera emergenza non significa che non ci si debba difendere, quando si subisce un’aggressione o si teme per la propria vita. Come abbiamo visto e contrariamente a quanto sostengono certi movimenti politici, la legittima difesa si applicava – in forme molto discutibili – anche quarant’anni fa. Significa piuttosto che “armi libere per tutti”, come programma di governo, renderebbe la situazione molto peggiore di com’è adesso. La fine di Luciano Re Cecconi, epico lottatore del centrocampo morto per uno scherzo, ce lo dovrebbe ricordare.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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