di Maria Dore
Pensavate che oggi qualcuno di Sardegnablogger si mettesse a parlare di Isis? E invece, no. Parliamo dell’ IS…TAT.
Perché lo avrete sicuramente sentito l’ultimo bollettino di ieri che ci dice che siamo quasi tutti più poveri. Avete provato a immaginare di tracciare un identikit dell’italiano medio grazie ai dati che l’Istat sforna a getto continuo? Farlo con i dati elencati dai telegiornali, non è facile. Un giorno un segno più, il giorno dopo c’è un segno meno, ma a seguire, alla fine, sempre lo zero virgola. Se si guarda ai talk show di approfondimento non si cambia granché: ieri ad esempio, potevate trovare una bionda e una bruna che parlavano di poveri. La bionda difendeva gli industriali e stava a sinistra. A sinistra del teleschermo, s’intende. La mora a destra parlava di gente che non può andare a farsi rimettere i denti in bocca. Lei che sta con quello che regalava le dentiere ai terremotati dell’Abruzzo. Ho capito che sono uguali, nonostante il colore della chioma, quando una signora senza denti ha parlato sul serio, dal servizio. Entrambe hanno cercato di nascondere gli occhi sotto al tavolo, chissà, forse pensavano al loro stipendio e alle riforme. Vabbè, quindi, cosa ha detto l’Istat in questi rapporto? “La povertà resta stabile per le famiglie”. Quindi non aumenta? Bene! Eja, ma solo se in casa lavorano tutti almeno 12 ore al giorno, se non c’è un vecchio col pannolone e niente cani coi croccantini da comprare. “Aumenta la povertà per la famiglie numerose”, vabbè, ma tanto figli chi ne fa più? No, ma guarda che le famiglie numerose sono quelle con 4 componenti. Ah. “Migliora la condizione degli over 65”, ma solo se abiti non più sotto di Pescasseroli, perché dopo inizia il sud, che c’è il Molise, no, ma il Molise non esiste, ma vabbè c’è comunque la Puglia, sei fottuto lo stesso. E il lavoro? Che oggi sei povero se non lavori e sei povero pure se il lavoro ce l’hai? Per quello bisogna andare al rapporto sulla situazione paese del 2015. Sono solo 300 pagine, del lavoro si parla al capitolo III. Allora, questa disoccupazione, cala o no?
“Per il secondo anno consecutivo si riduce il numero degli inattivi di 15-64 anni, ma la riduzione riguarda la componente più distante dal mercato del lavoro, cioè coloro che né cercano lavoro né sono disponibili a lavorare. Aumentano invece le forze lavoro potenziali, ovvero gli inattivi che vorrebbero lavorare ma non hanno svolto un’azione di ricerca attiva nell’ultimo mese oppure non sono immediatamente disponibili. Nel 2015 le forze lavoro potenziali crescono di 97 mila unità superando i 3,5 milioni di persone. Nel complesso degli inattivi di 15-64 anni si riducono gli scoraggiati che si attestano a circa 1,9 milioni Aumentano invece coloro che non cercano lavoro perché studiano o aspettano gli esiti di precedenti azioni di ricerca. Sommando i disoccupati e le forze lavoro potenziali, sono pertanto circa 6,5 milioni le persone che vorrebbero lavorare” Boh, basta. Io una cosa ho capito. Che io, italiana fotografata dall’istat, delle fotografie dell’istat non ci capisco un cazzo.
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