Dice: e perché, l’Ikea è una persona? Già. Date a “personaggio” tutti i significati che volete, che vogliate dire persona ragguardevole, protagonista di un fatto di cronaca o di una pièce teatrale, o un tipo curioso (“che personaggio sei!”), insomma, sempre di persone si tratta. Il fatto è che io l’Ikea, con tutta la sua filosofia della brugola e dell’estetica del buon prezzo, l’ho antropomorfizzata, ne ho fatto un gigante aiutaci tu che ci scruta benevolo e ogni tanto tira giù la testa dalle nuvole e ci dà una mano. Ma si sa, io sono molto sensibile ai meccanismi oggettivamente manipolatori della volontà e dei gusti. Io per esempio mi guardo in tv certe cagate inenarrabili dell’italian fiction soltanto perché mi lascio irretire dal congegno della serialità: mi basta la prima puntata e poi devo arrivare alla fine per sapere se l’architetta ne darà al poliziotto o se la poliziotta si sposerà con il professore. Ultimamente, anzi, un pizzico di pepe progressista è stato sparso con storie di architetto con architetto e poliziotta con poliziotta. Figuratevi Ikea, che rispetto ai Cesaroni è molto più raffinata sul piano estetico e utile su quello pratico. E quindi l’Ikea è oggi il mio personaggio del giorno. L’Ikea che sbarca in Sardegna, naturalmente. Io adesso non sto a ripetervi ciò che avrete già letto su tutti i giornali scritti e orali: come voglia sbarcare, quanto siano forti le truppe di assalto e come dovete fare per raggiungere le roccaforti. Vi ricordo soltanto che nella nostra isola investirà qualche milionata di euro per sfruttare meglio la tendenza all’aumento degli ordini da noi provenienti. Ora, prima di dirvi perché la cosa è interessante, bisognerebbe spiegare perché le scelte della signora Ikea (o è maschio?) non sono mai a capocchia. Sapete cos’è il marketing per Ikea? Non è semplicemente lo studio della commercializzazione dei prodotti, l’analisi del mercato. Marketing per Ikea è un concetto escatologico, è il fine ultimo, non un volgare elemento di metodo per fare acquistare i prodotti. Marketing è il destino conclusivo, come il bene per le religioni più accreditate. Non è che devi fare il bene per averne un premio, questo è il pragmatismo controriformista dei cattolici che avevano paura di Lutero. Devi fare il bene e basta. Così il marketing per Ikea. Tu fallo come fosse fine a se stesso e vedrai che ne avrai vantaggi. Quindi il marketing di Ikea è perfetto: dalla costruzione di immense strutture dove attirarci e incoraggiare la nostra permanenza, abbassando a poco a poco le nostre barriere difensive contro l’acquisto inutile o eccessivo, sino all’analisi non soltanto economica e demografica, ma anche finemente antropologica dei territori da conquistare. La macchina di Ikea è potente, come quella dei missionari che, al seguito dei conquistatori dei nuovi mondi, erano incaricati di dare uno spessore religioso al prelievo di schiavi, oro e altre materie prime. E come quei missionari trascuravano i territori troppo radicalmente in partibus infidelium, così Ikea ha deciso di trascurare Sassari. Dove non arrivavano i missionari, i cartografi scrivevano “hic sunt leones”, voleva dire zone inesplorate, pericolo, non vi avventurate o sarete sbranati. E io penso che scegliendo di sbarcare adesso soltanto a Cagliari e Olbia (al Sud con una grossa struttura e in Gallura con un punto ritiro si dice più impegnativo del magazzino merci di Sassari), Ikea abbia statuito il declino di Sassari più di ogni analisi sociologica e di ogni delibera regionale sulle città metropolitane e le provvidenze annesse. Nella mappa della Sardegna Ikea ha apposto su Sassari il timbro dell’hic sunt leones, che nell’accezione moderna non significa “qui ci sono i leoni” ma “qui c’è gente senza il becco di un quattrino”. Mi accusano di essere un sassarese con il complesso di inferiorità. Ma quale complesso? Io sono sanissimo di mente. Io sono davvero inferiore. E sono tanto sano di testa che faccio persino tesoro della storia e so che il declino di Tempio capitale della Gallura, insidiata negli anni Sessanta da Olbia con la Costa Smeralda, prese il precipizio non per le stupidate populisteggianti di uffici giudiziari o altra roba pubblica diversamente allocata, ma quando chi aveva soldi cominciò a metterli da altre parti. E nacque un termine sinonimo di crisi del valore di una città territorio: “tempiesizzazione”. Quando il declino di Sassari arriverà alla fine della discesa e toccherà a qualche altra città, allora si potrà a buon diritto parlare di “sassaresizzazione”. E noi sassaresi ci accontentiamo ormai di così poco (sarebbe un eufemismo, giusto per non dire “siamo tanto coglioni”, espressione volgare che per di più mi attirerebbe l’irata disapprovazione dei miei concittadini) che magari ne saremo pure fieri di questa faccenda di entrare nella Treccani.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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