Certo, la 131 non é la mitica statale 66 dove si correva verso il futuro. Invaderla a piedi, poi, rischia di essere un gioco molto pericoloso. Storie di frontiera, storie che non vogliamo più intercettare. C’è stata una rissa nel centro di accoglienza di Li Lioni a Porto Torres, dove vivono in condizioni difficili oltre 150 persone in una struttura che un tempo è stata una discoteca. Gente che attende da mesi un permesso con la speranza di lasciare questa nostra terra, gente che aspetta di trovare un lavoro, una dignità, gente che attende di riabbracciare i propri parenti sistemati in altre parti d’Europa. Difficile restare insieme. Tutto diventa incandescente dentro una comunità che, di fatto, non ha nulla in comune se non il tempo da perdere: etnie diverse, sguardi e ricordi lontani. Nigeriani contro somali, corde tesissime, tutto accade in un attimo. Scatta la rissa, la confusione gli arresti. Dieci migranti finiscono in carcere. Chi vive nel centro di accoglienza di Li Lioni? Un gruppo composto quasi totalmente da uomini. Le donne sono pochissime, molte aspettano un bambino. Sono loro a giocarsi la carta della strada, dell’invasione sulla 131. Si siedono sul percorso che da Sassari arriva a Porto Torres. Una mossa azzardata, terribile. Può accadere anche un incidente mortale. Saranno le forze dell’ordine a convincerle a demordere. In serata tutto si compie e le migranti ritornano in quel luogo che non è “casa”, ma solo una soluzione temporanea dove è difficile convivere per così lungo tempo senza poter fare nulla. Le donne della 131 sono il nostro personaggio del giorno, sono la speranza di gente che non ha più speranza, la voce di chi non ha più voce, la voglia di esserci e di riuscirci. Sono donne che chiedono un permesso per poter riuscire ad andare, trovare qualcosa e qualcuno, sono donne che non hanno più lacrime da regalare. Non possiamo continuare a rimandare, trovare sterili giustificazioni, non possiamo continuare a dire “aiutiamoli a casa loro” standocene comodamente seduti alla poltrona con il telecomando che utilizziamo per cambiare il canale quando le donne, come fantasmi senza occhi, appaiono in un velocissimo telegiornale. Dove la notizia è che dieci migranti son finiti a Bancali non che la disperazione si è buttata sulla 131 con la speranza che diventasse come la statale 66: dove con una motocicletta si poteva correre verso qualcosa che non si conosceva, ma aveva il profumo della libertà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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