Non ci vuole tanto per far scivolare una vita nella voragine del dolore. La morte è lì, in agguato. Può celarsi dietro ogni curva. E aspetta, paziente e crudele.
Lo siento me he dormido! Mi dispiace, mi sono addormentato!
L’ha detto l’autista, appena è riuscito a venir fuori dal bus. Ha 63 anni e nessuna traccia di alcol o droga nel sangue. Guidava da ore, nel cuore della notte. Una notte che mandava giù una pioggia a dirotto. La tempesta perfetta. Lo stato di shock nel quale si trova ha reso necessario rinviare il suo interrogatorio. È indagato per “omicidio per imprudenza” e “omicidio colposo plurimo”.
Come si fa a convivere con quella mole di rimorso?
Com’è profondo lo squarcio che comporta scoprire quanto la vita sia priva di giustizia, lui ora lo sa bene. A modo suo, è uno che «se l’è scampata». Uno che si porterà dentro per sempre il peso di aver demolito tredici esistenze, involontariamente ovvio, ma pur sempre demolite. Quale vita lo aspetta dopo?
Perché quando il dolore acuto si sarà affievolito, gli succederà di trovarsi contemporaneamente da entrambi i lati della barricata: sia vicino a chi pretende giustizia sia a chi da quella giustizia rischia di finire triturato come capro espiatorio. E sarà allora, nella zona d’ombra interiore, che cederà alla facile tentazione di identificare vittime e colpevoli. Collocandosi, erroneamente, fra questi ultimi. Il tribunale emotivo ha già emerso il suo verdetto: la condanna del rimorso.
Il processo non ha fatto nessuna distinzione tra casualità, volontà, propensione, coincidenza. Servirà a poco dirsi che è stata una fatalità. La ragione è una barchetta di carta che percorre oceani scossi da tutte le tempeste, attraversati da entità diaboliche e la più spietata, fra queste, è sicuramente quella della propria coscienza.
Ha commesso lo sbaglio di aver ceduto a un colpo di sonno? Lui è colpevole, certo, ma non tutti i colpevoli sono uguali. A fare la differenza non è il peso del torto, messo su una bilancia da droghiere: è il suo riconoscimento, la responsabilità del dolore che si è causato, la lacerazione della coscienza. È la sofferenza.
Guarderà tutti i ragazzi con gli occhi addolorati di un assassino. Guarderà se stesso con gli occhi risentiti di un assassino. Gli occhi di un boia che non riesce a convincersi di essere vittima. Sono quattordici le vittime della strage in Spagna. Non tredici.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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