Chiunque respiri in classe l’atmosfera di una gita scolastica sa quanto questa monopolizzi le conversazioni, e cementi il gruppo, già diverse settimane prima della partenza. Le aspettative vengono sviscerate e condivise, la pianificazione partecipata con eccitazione. E sa anche quanto, al rientro, se ne parli rievocando con nostalgia quei momenti. Può un alunno escluso dalla gita, per motivi che ignora, sopportare un tale stillicidio? Non si tratta di gestire una sofferenza che si limita alla durata del viaggio d’istruzione, che sarebbe già abbastanza, ma implica sbavature che vanno ben oltre i confini temporali della gita.
Partiamo da una certezza sancita dalla legge: gli alunni con disabilità hanno il diritto pieno e incondizionato alla partecipazione a gite e visite d’istruzione: ciò è in forza del principio di integrazione scolastica presente in tutto il nostro ordinamento e in particolare nel Regolamento sull’autonomia scolastica di cui al DPR n° 275/99, art. 4, comma 2, lett. c).
Ora spostiamoci a Legnano, all’interno di una conversazione sul gruppo whattsapp di una classe che discute sull’opportunità di portare in gita la ragazzina autistica, compagna di scuola.
– Non voglio stare con lei! – – Non posso dormirci insieme, ho paura – Una professoressa obietta: – Ma qualcuna ci deve pur stare – come dire che di quell’immane sacrificio qualcuno si sarebbe dovuto far carico, sottolineando con un’affermazione tanto lapidaria quanto stronza la pesantezza dell’incombenza. Un altro compagno, un maschietto stavolta, esprime il sollievo: – Meno male che è femmina e la cosa non ci tocca –
A quel punto viene aperto un nuovo gruppo di dialogo virtuale dal quale vengono ovviamente esclusi i genitori della bambina.
La terza media in oggetto si appresta a partire a Mauthausen, per studiare la brutalità della discriminazione. Manco a dirsi.
Non è la prima volta che l’ulteriore responsabilità di un alunno disabile da portare in viaggio d’istruzione venga aggirata, con mezzucci farabutti, cercando di dissuaderlo e rendendo l’impresa tanto ardua da farlo desistere per sfinimento. Nella scuola di Legnano ci si è aggrappati appunto alle responsabilità, ignorando che le soluzioni potevano essere diverse, così come il livello di vera integrazione che queste contemplano. E la colpa di quella nefandezza è da distribuire equamente tra il personale docente, che ha oscillato tra improbabili motivazioni relative alla vigilanza, e i genitori degli alunni della classe evidentemente inetti nel trasmettere ai figli la capacità di comprendere e identificarsi nel più fragile. La scuola di Legnano comunica che si farà carico di pagare all’agenzia di viaggio la penale per la mancata partecipazione dell’alunna alla gita. Bontà loro.
(foto archivio Repubblica.it)
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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