Qualcuno può spiegarmi, ragionevolmente, perché dobbiamo aver paura di questa Italia? Dirmi cosa c’è che non va in questa squadra, in queste ragazze così forti, belle e gioiose? Gli inglesi sono soliti dire che la 4×400 dell’atletica è la gara che indica più di ogni altra il livello di civiltà sportiva di una nazione. Certo, perché loro hanno una grande tradizione in quella gara, ti credo. Però qualcosa di vero c’è. Perché una staffetta è una gara a squadre, frutto dunque di un intero movimento sportivo, nell’atletica, l’università dello sport, e in particolare nella disciplina base di tutti gli sport, la corsa, la più praticata al mondo. Nei recenti europei di atletica, la staffetta femminile 4 x 400 italiana ha strappato un bronzo, un prestigioso terzo posto, dietro alle quotate compagini inglesi e francesi, squadre che hanno nella multietnicità la loro caratteristica vincente, con tante atlete di colore da anni presenti in formazione. Oggi l’idea che la nostra società diventi multietnica spaventa un sacco di gente, che vediamo inveire nei social e nei bar come cani rabbiosi in catena. Libania Grenot, Maria Enrica Spacca, Chiara Bazzoni e Maria Benedicta Chigbolu sono invece l’immagine della Italia più bella e vincente. Libania è l’atleta che, dopo l’oro nella gara individuale, ha trascinato con la sua proverbiale grinta le altre ragazze ad un risultato mai ottenuto prima. Libania è di origine cubana, italiana per “amore”, per matrimonio. Maria Enrica Spacca è abruzzese, un tipico esempio di atleta combattiva, da staffetta, che si esalta nella gare a squadre; la toscana Chiara è componente storica del quartetto, e infine Maria Benedicta è una atleta romana, si potrebbe dire strappata alle sfilate di moda per la sua avvenenza, di padre nigeriano. Non è venuto col barcone, tranquilli, il padre di Maria Benedicta: è un consulente, un dirigente insomma, figlio a sua volta di un grande atleta nigeriano. Non tutti gli africani approdano in Italia con i barconi, lo sapevate? Bene, lo sport dimostra che mettere insieme, sotto lo stesso segno, esperienze, motivazioni, energie diverse, moltiplica le possibilità. Il confronto produce emulazione, condivisione, partecipazione, entusiasmo. In scala più ampia, credo che la stessa cosa valga anche per la società. Le novità fanno paura, ma se si ha paura di cambiare, si resta fermi, non si progredisce, ed è la fine. La paura genera odio e si fonde con l’ignoranza. E davvero dobbiamo avere paura di questa Italia?
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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