Una domenica mattina di fine ottobre, faceva già quasi freddo, ce ne stavamo con un collega rintanati in auto, al bivio di Romazzino. La stagione era finita da un pezzo e io mi trascinavo stancamente verso l’ultimo giorno del contratto stagionale da addetto alla vigilanza. Parlavamo dei russi che in quegli anni, la fine dei ’90, già facevano man bassa di ville acquistandole cash, portandosi appresso valige gonfie di dollari. Tirava vento. Ci passò davanti e si fermò all’incrocio un’auto con due persone a bordo. Riconobbi il passeggero: era un industriale che qualche anno prima era stato rapito. Aveva uno sguardo assente, perso nel vuoto. Lo fissai dritto negli occhi per qualche istante, ma lui sembrò non accorgersi di me. Chiuso nel suo giubbotto invernale, sembrava un vegetale incapace di reazioni.
Il collega anziano che avevo accanto mi raccontò alcuni dettagli del sequestro che aveva appreso da alcuni collaboratori del rapito. La pattuglia della vigilanza era passata davanti alla villa mentre il commando, all’interno, aveva già immobilizzato il personale. I rapitori si presero tutto il tempo e la libertà di friggere delle uova, usando la cucina del sequestrato, prima di caricarlo in un auto e portarlo via.
Uno degli stagionali che erano in servizio quella notte era ai suoi primissimi giorni di lavoro. Si licenziò qualche ora dopo, sconvolto.
Poi il collega mi parlò delle condizioni di detenzione del sequestrato. Tra questi particolari, ve ne fu uno che mi fece trasalire e non ho mai dimenticato: “Lo costringevano a mangiare nella stessa scodella in cui faceva i suoi bisogni”.
Quando sento spericolate giustificazioni dei sequestri, da qualcuno interpretati ancora come atti di giustizia sociale, mi viene sempre voglia di presentare a questo qualcuno quella stessa scodella in cui quel sequestrato consumava i suoi pasti, col volto coperto e le catene ai piedi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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