C’è un piccolo negozio di generi alimentari vicino a casa mia, squallido e desolato, il cui assortimento di prodotti è senz’altro insufficiente per garantire una sopravvivenza commerciale. Vuoi un etto di salame? Non aspettarti le consuete domande: – Lo preferisce a grana grossa? A grana fine? Salame Milano, ungherese, piccante? – Macché. Ne trovi solo di un tipo, probabilmente il più economico, e quello devi acquistare. Stesso discorso per tutti gli affettati, ma anche per la maggior parte dei prodotti.
La proprietaria è una corpulenta signora che, a occhio, ha oltrepassato da un bel po’ i 60 anni. Forse più vicina ai 70 che ai 60. Trascorre lì le sue giornate, sfidando artrosi e reumatismi per sollevare quella serranda puntuale come la morte, in qualsiasi condizione climatica. Ipoteca intere mattinate e pomeriggi per un numero di clienti che dubito superi la decina di unità. L’anziana proprietaria sta seduta su un piccolo sgabello dietro il banco frigo e il registratore di cassa, che prima era vicino all’uscita, ultimamente è stato sistemato su una mensola poco distante, presumo per ridurre al minimo i passi che ormai pesano troppo su quelle gambe stanche.
– Ci sono pomeriggi in cui non entra nemmeno una persona – mi ha detto un giorno, in preda allo sconforto. – Il suo negozio è l’identità del quartiere, resista! – le avevo risposto, pentendomi subito dopo per aver pronunciato quell’esortazione idiota. Un modo come un altro per incitarla a mantenere l’energia per ribellarsi, avevo scioccamente pensato.
Ma in fondo che ne so io delle sue giornate trascorse a testa bassa il cui unico orizzonte è il marciapiede di cemento oltre la vetrina? Cosa ne so del calore insopportabile del sole di agosto dai raggi arrugginiti che arroventa gli scaffali e degli spifferi gelidi di febbraio che s’infilano sotto la porta? Chi sono io per capire quanta disperazione c’è nel passaggio da un “domani andrà meglio” alla drammatica consapevolezza del “non ci sto più dentro con le spese“?
Di quel guscio ormai vuoto che offre ospitalità a un’anima in pena.
Ieri sono passata davanti al negozio e la serranda era abbassata, c’era un cartello con scritto Chiuso per cessata Attività. Forse avrei dovuto aspettarmelo e invece mi ha colto di sorpresa, costringendomi a ridisegnare la mappa del quartiere nei miei confini mentali, ormai privi di un importante punto di riferimento. È da ieri che la rinuncia, testimoniata dalla serranda abbassata, mi fa pensare alla Ginestra di Leopardi. Quell’esile fiorellino che ha resistito a lungo in un luogo ostile facendo ricorso a tutta la sua forza e poi, davanti alla colata della lava, ha dovuto piegare il suo fusto senza opporre un’inutile resistenza. Le ostilità hanno vinto sul gambo, ma non sono riuscite a farle chinare il capo.
Ecco perché ho scelto di scansare politici e protagonisti celebri e fare di quell’eroica e dignitosa commerciante il mio personaggio del giorno.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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