In Sardegna è arrivata puntuale, quasi come antipasto pre-referendum, la legge che impone di declinare i ruoli lavorativi al femminile con lo scopo di favorire la parità.
Sviluppo delle politiche di genere e revisione del linguaggio amministrativo, così hanno chiamato quel passaggio, forse per ammantare la legge con un tratto che desse un piglio innovatore e risolutivo. Insospettabilmente giunge proprio dalla grammatica la pezza salvifica che nobilita la donna e la tira fuori da secoli di soprusi subìti, discriminazione sociali e professionali. Un passo avanti nella lotta alla disparità. Ma davvero possiamo pensare che una donna che viene chiamata sindaca, e non sindaco, possa avere vita più facile nel suo percorso lavorativo? Come se la legittima parità rispetto all’uomo debba essere ratificata dalla parallela conquista di una postilla nei libri di grammatica. Ma siamo ridotte a questo punto? Ad esultare per uno zuccherino spacciato per chissà quale conquista? A girare in tondo come criceti in un perimetro lessicale allargato di pochi e inutili metri quadri, felici come ci avessero schiuso praterie sconfinate?
Qualche settimana fa, in una bacheca facebook, campeggiava la foto di Virginia Raggi e sotto quell’immagine un tale aveva osato scrivere “Però, carina la Raggi!”. È stato aggredito da una folla di donne che urlavano al sessismo. “Ecco, si sottolinea l’aspetto fisico e non le sue competenze. Soliti uomini e solito esempio di becero maschilismo!” Scusate, cos’avrebbe dovuto scrivere il malcapitato per esprimere il suo apprezzamento senza incorrere nella sequela di insulti? Cercare in rete il curriculum della Raggi e complimentarsi per il voto di laurea? Ho letto con le sopracciglia aggrottate tutti quei commenti scriteriati fino a quando mi sono imbattuta in uno che ha trasformato in solchi le rughe della mia fronte “Non farmi girare le ovaie”, diceva. Scritto da una donna ignara del fatto che tutta la sfilza di locuzioni testicolari (girare i coglioni; rompere le palle, etc etc) usate quotidianamente non deriva, come si crede, dagli attributi maschili, bensì da usanze militari della Prima Guerra Mondiale, e si è sentita in dovere di trasformare i “coglioni” in “ovaie” per rispetto di quella parità di genere, anche lessicale, ora in fase di fanatismo crescente.
Ci rendiamo conto del livello al quale siamo arrivate? Un caricaturale confine dentro al quale ci siamo ficcate, tronfie e arroganti, che ci fa urlare al sessismo anche per un innocuo e garbato complimento e ci fa tingere di un rosa universale locuzioni prettamente maschili, con l’illusoria convinzione che marcando morfologicamente un territorio accresciamo il nostro diritto di abitarlo. E’ necessario? Perché ci sentiamo intruse? Dobbiamo convincere gli uomini o, piuttosto, noi stesse?
Le fanatiche della grammatica della vagina sottolineano quanto l’autorevolezza insita in una professione sia allacciata all’uso del femminile per designarla. E non si rendono conto che così facendo, come in una grottesca metonimia, sminuiscono il contenuto identificandolo con il contenente.
«Il risultato è che proprio il modo più apparentemente maschilista di indicare un nome di professione maschile, quello che ricorre al solo maschile grammaticale, finisce con l’essere il più neutro. Risultato non troppo paradossale, se teniamo presente che, in italiano e in altre lingue romanze, il maschile è storicamente il termine non marcato dei generi». (Serianni, Ivi p. 121)
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.023 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design