Possiamo dire che l’assalto al Centro culturale islamico di Québec City non ha destato scalpore? O meglio, possiamo dire che non ha destato lo stesso scalpore e la stessa indignazione che hanno destato analoghi attentati compiuti da fanatici dell’Isis? Io credo di si. Nessuno ha descritto l’attentatore come un fanatico militante di qualche organizzazione terroristica ma semplicemente un “simpatizzante” della destra, della Le Pen e di Trump, che ha fatto irruzione in una moschea sparando all’impazzata contro i presenti nell’ora della preghiera, lasciando a terra sei morti e diversi feriti di cui cinque gravissimi. Ci ha pensato il primo ministro canadese a chiamare le cose col proprio nome e ci ha pensato affidando ad un twitt il suo pensiero, la sua indignazione: “Stasera i canadesi piangono le persone uccise in un vile attacco a una moschea di Québec City. Il mio pensiero va alle vittime e ai loro familiari” , seguito immediatamente da un comunicato ufficiale in cui parla di “vile attentato terroristico contro musulmani che erano in un luogo di culto e rifugio”. Il primo ministro canadese, il “giovane” premier che in questi primi giorni di amministrazione Trump, è diventato il simbolo della tolleranza e dell’accoglienza. In contrapposizione alle nefaste misure del neo eletto presidente statunitense infatti, Justin Trudeau scrive su twitter: “A tutti coloro che fuggono dalla persecuzione, dal terrore e dalla guerra voglio dire che il Canada offrirà sempre il suo benvenuto. Non importa quale sia la vostra religione, il vostro credo. La diversità è la nostra forza“, diventando agli occhi del mondo il leader anti Trump, il fautore della politica di accoglienza, il volto del multiculturalismo e della tolleranza, processi irreversibili che alcuni tentano di stoppare in nome di un populismo che genera ingiustizie, scontri e violenze.
Chi è dunque Justin Trudeau, divenuto ormai il presidente anti Trump?
E un figlio d’arte. Suo padre, Pierre, è stato leader dei liberali canadesi fin dal ’68, e per oltre quindici anni ha guidato il paese con grande popolarità. Un liberalismo, il suo, improntato alla tolleranza, alla crescita economica e sociale, offuscata solo, a livello interno, dalla sua netta opposizione alla devolution del Québec. Alla sua morte, avvenuta nel 2000, Justin pronuncia un discorso funebre che praticamente lo proietta nella vita pubblica del Paese, dove debutta ufficialmente nel 2008, quando viene eletto deputato. Nell’arco di un anno diventa il leader dei liberali canadesi e la sua popolarità cresce in maniera vertiginosa grazie ai suoi programmi la cui parola chiave è sempre cambiamento: un cambiamento improntato al progressismo, all’ecologismo, alla crescita, al multiculturalismo, all’accoglienza.
Popolarissimo, giovane, bello, brillante e preparato.
Nell’ottobre del 2015, alla guida dei liberali, vince le elezioni politiche. Il 4 novembre successivo presenta il suo governo: 15 donne e 15 uomini, la maggior parte sotto i cinquant’anni. Un governo composto da ministri di diverse etnie, di diverse culture e di diverse religioni, dove tutti si sentono rappresentati, anche e soprattutto gli appartenenti a qualunque minoranza. Un governo che per la sua varietà assomiglia, secondo la dichiarazione dello stesso Trudeau, al Canada, dove chiunque può trovare la sua giusta collocazione. Oggi Justin Trudeau sta dimostrando al mondo che una nazione è grande solo se si apre al mondo, se in quella nazione si dialoga, se la crescita è armonica, improntata al rispetto della natura, dei diritti e se questi diritti sono condivisi con tutti, all’interno e all’esterno del Paese. Ha 45 anni Justin , e non è considerato un ragazzo, è un uomo. Un uomo politico maturo, preparato, uno degli uomini più potenti del mondo…e non sbaglia i congiuntivi.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design