Giuseppe Solla è una delle figure di sportivo sardo più belle degli ultimi decenni. All’età di 48 anni ha conquistato l’ennesima qualificazione, la quarta, per i mondiali di triathlon ironman, ora come “age – group”. Giuseppe vanta in oltre 40 anni di carriera un curriculum di tutto rispetto: grande promessa del ciclismo nazionale nell’età giovanile, è stato poi ciclista professionista, per un anno, negli anni ’90, in un periodo non molto felice per quello sport dal punto di vista del doping. Giuseppe che è un atleta che ha sempre creduto nei veri valori dello sport, ha abbandonato quel mondo a cui aveva dedicato tutta la sua vita sportiva, per passare al triathlon, dove ha conosciuto una seconda giovinezza. Il triathlon è uno sport complicato, e Giuseppe ha impiegato alcuni anni per imporsi a livello nazionale nella specialità più dura, il terribile ironman: (quasi) 4 chilometri di nuoto, 180 di ciclismo senza scia, 42 chilometri di corsa. Se fosse giunto nel triathlon qualche anno prima, probabilmente i risultati sarebbero stati di un livello ancora maggiore. Tra le tante gare, oltre ai titoli regionali vinti e ai buoni piazzamenti negli Iroman in giro per il mondo, spicca il “Double” nel 2004, a Kona, nelle Hawai. In quell’occasione Giuseppe si piazzò 63esimo ai campionati mondiali di Ironman, secondo degli italiani, e una settimana dopo corse molto bene l’X-Terra, la versione su strada sterrata, piazzandosi poi nella classifica combinata (Ironman + X-Terra) al terzo posto, primo come categoria di età. Ma Giuseppe è un grande personaggio dello sport sardo anche per l’indefessa attività di promotore e di organizzatore di eventi. Preparatore atletico, il suo negozio sportivo a Quartu è da anni un punto d’incontro dove si ritrovano atleti e sportivi della zona a programmare e organizzare gare e allenamenti. Dato che la mia vita sportiva si è incrociata più volte con la sua, non posso esimermi da raccontare alcuni aneddoti. Era il 1998, e sul Lido di Torregrande era previsto un triathlon sprint (750 mt di nuoto, 20 km di bici con scia libera, 5 km di corsa). Giornata di maestrale, con onde altissime. Dopo mille indecisioni gli organizzatori, che tanto avevano fatto per mettere in piedi la gara, con mille precauzioni, decisero per la partenza. Un centinaio di coraggiosi partenti si dispersero in quel mare mosso, e mi ritrovai in testa alla gara con Chicco Porcu, abile nuotatore, e insieme cercammo di vedere dove, in lontananza, fossero piazzate le boe, che sparivano tra il saliscendi ondoso. Quella gara la ricordo come un’avventura: uscì dall’acqua barcollante dalle onde e, prendendo la bici, sbandai paurosamente rischiando di cadere. Persi la scia di Porcu, che ritrovai all’arrivo. Alla fine della gara ci affollammo davanti ai risultati, al foglio appeso con le classifiche e i tempi parziali. Giuseppe Solla arrivò molto indietro, essendo quella la peggiore gara che potesse darsi per uno che si avvicinava al nuovo sport, già complicato di per sé. Commentammo con un certo compiacimento la cosa con Chicco, perché Solla era un campione del ciclismo e la sua presenza imponeva un certo timore. Senza accorgerci che Giuseppe era dietro di noi, ascoltandoci. “Quel giorno”, mi disse sorridendo tempo dopo, “vi giurai vendetta”. Con tenacia Giuseppe prese ad allenarsi con grande scrupolo, a studiare le tecniche di allenamento, persino a visionare i filmati delle gare in Sardegna, finendo per darci tante di quelle legnate, negli anni seguenti, da ricordarcele ancora tutte. La legnata che ricordo meglio, è quella di un campionato sardo di triathlon olimpico a Putzu Idu (1,5 km di nuoto, 40 di ciclismo con scia libera, 10 di corsa) in cui mi ritrovai in fuga, nella frazione in bici, grazie al nuoto, ancora una volta, con Chicco Porcu. Ci alleammo: tiravamo come matti, senza risparmiarci i cambi, perché dietro sapevamo che Giuseppe, in bici, era in grado di fare la differenza. Niente da fare: Giuseppe dietro staccò tutti e ci raggiunse. Ci ritrovammo così in tre a giocarci il titolo sardo, verso la fine della frazione. C’era una salitella, prima del cambio, e lì Giuseppe scattò, lasciandoci attoniti sui pedali, e senza possibilità di replica. E non è che io e Chicco fossimo fermi in bici. Chicco, in particolare, era anche piuttosto bravo ed esperto, ma non ci fu nulla da fare, lo vedemmo allontanarsi inesorabilmente. Fu un gesto atletico di una tale bellezza e potenza, che mi ritengo fortunato di averlo vissuto da avversario. Ancora oggi, quando vado a trovarlo nel suo negozio, ricordiamo insieme quelle imprese, e ci ridiamo sopra. Giuseppe non ha mai recriminato sulle sconfitte. L’anno dopo, stesso luogo, titolo sardo, stavolta di sprint, la gara più breve, corrispondente a metà del classico triathlon olimpico. Gara fotocopia, fuga nel nuoto e poi in bici “santa alleanza” con Porcu, per non farci raggiungere da Giuseppe. Nelle gare più brevi, in genere, mi trovavo più a mio agio, avendo un passato da mezzofondista veloce sui 1500 mt. Ricordo che spinsi in bici un rapporto da paura, pestando come un matto sui pedali per non farmi raggiungere. Riuscimmo a mantenere un buon vantaggio. Mi ritrovai infine solo nell’ultimo chilometro della frazione podistica, quando in una curva insidiosa, nello sterrato reso asciutto dal grande caldo, caddi rovinosamente. Mi rialzai appena riavutomi e mi voltai: Giuseppe era a pochi metri di distanza. Dolorante, diedi fondo alle ultime energie, riuscendo a tenere a bada la rimonta di Giuseppe, che a piedi era temibile anche per le straordinarie doti di fondo che possedeva. Giuseppe all’arrivo si complimentò calorosamente con me, manifestando ammirazione per l’impresa compiuta, per nulla infastidito da una sconfitta che, per certi versi, era pure immeritata. Erano gli ultimi anni, per me e per Porcu, di dominio nelle gare. Altri atleti più giovani e ormai più forti si stavano affacciando nel mondo del triathlon, come il nuotatore Pierluigi Musu e il ciclista Maurizio Carta, che peraltro raggiunse la nazionale. Io ad un certo punto, dopo tanti anni di carriera sportiva nell’atletica e nel triathlon, decisi di ritirarmi, dedicandomi ad altro, alla penna e allo studio. Ma non dimentico quegli anni, quel clima di sport e di amicizia, la tensione prima delle gare, il mare azzurro e ondoso pronto ad essere attraversato, le partenze come una tonnara della gare in mezzo ai flutti e agli spruzzi, il volo in bici, il caldo massacrante e i piedi senza calze, insabbiati, sanguinanti, il sorso ristoratore dell’acqua poi gettata sul viso, il traguardo finale, l’abbraccio delle persone care, il sudore. Però quanti sacrifici e quanta fatica bestiale. Giuseppe invece non si è arreso, e continua a fare tutti quei sacrifici e ad arricchire con la sua presenza il mondo del triathlon e dello sport in Sardegna. Ed è per questo che continuo ad ammirarlo e lo ammiro ancora di più.
nella foto Caterini, Solla, Porcu, triathlon di Torregrande, (forse) 2003.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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