Faccio pubblica ammenda. Anche io non sapevo chi fosse Giorgio Caproni. E anche io avrei dunque accolto con un’ondata di gelo artico sulla schiena la nomination scaturita dal plico ministeriale. Avrei cercato nei cassetti della memoria e, alla voce Caproni, avrei trovato il nulla siderale.
“Capitombolammo in via Palestro, in coabitazione con la bellissima Italia Bagni nata Caproni e suo marito Pilade, massone e bestemmiatore di professione nonché barbiere dirimpetto allo Sbolci, arcifamoso tra gli scaricatori per i suoi fulminanti ponci al rhum”.
E così, essendo la curiosità la più leggera delle mie croci, sono andato a cercarne le tracc(i)e sul web, scoprendo un personaggio affascinante, di raffinata ironia e profondità d’animo. Da lettore che apprezza l’arte di liberare pensieri complessi senza forzature narrative o stilistiche, posso dire che Caproni entra ufficialmente nello sconfinato elenco degli autori che vorrei collocare nella mia libreria.
“Le suore mi riempicano di santini. Erano molto affettuose. Ma il buon Dio che cercavano di farmi amare passa su di me come l’acqua su una pietra dura”.
I maturandi italiani, oggi, hanno dovuto cimentarsi con l’analisi di un testo di Giorgio Caproni, “Versicoli quasi ecologici”, di cui già colpisce il titolo. Più che una poesia, un manifesto.
“Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino, anche di questo è fatto l’uomo. E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore. Dove sparendo la foresta e l’aria verde, chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto. Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra”.
Giorgio Caproni è morto nel 1990. Fosse stato vivo, avrei voluto raccontargli di una seduta spiritica notturna alla vigilia dell’esame. Insieme ad altri disperati, in assenza di studenti.it, cercavamo dritte qualificate dall’aldilà. Si presentò al tavolo un presunto Ugo Foscolo, la cui opera ripassammo con foga fino all’alba. A lui, dopo aver ascoltato il nome dell’autore prescelto, assaggiato il gelo artico e osservato il nulla siderale, dedicai il primo di una mattinata di intensi frastìmi.
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