Il personaggio del giorno è Giommaria Craboledda da Ozieri, 92 anni tra poco più di un mese, la cui vita è anche una storia di emigrazione felice. Prima di parlarvi di Sardegna, spopolamento, turismo, biciclette e gratitudine per le proprie radici – elementi di cui scriverò nelle prossime righe – parto però dalla notizia di cronaca. Domenica 30 ottobre, nelle campagne tra Arzachena e Porto Cervo, si svolgerà una manifestazione sportiva denominata “Coppa Craboledda”. È una gara a cronometro di mountain bike riconosciuta dalla Uisp e con tutti i crismi di regolarità, su un percorso di 11 km e con arrivo sulla cima del Monte Moro, a 400 metri di quota. Per una curiosa coincidenza, chi scrive questo post è anche il presidente dell’associazione sportiva che organizza l’evento. Lo so che non è molto elegante, ma vi assicuro che il discorso è più lungo e profondo e questo post non è un semplice pretesto per promuovere un evento sportivo che mi sta a cuore e per il quale mi auguro una larga partecipazione. Torniamo al principio. La “Coppa Craboledda” si chiama così perché a volerla e finanziarla è stato proprio Giommaria Craboledda, di cui su Sardegnablogger ho già scritto. Giommaria emigrò in Francia nel 1948, quando aveva 24 anni. Avrebbe potuto vivere dignitosamente anche in Sardegna, ma la sua esuberanza e il suo desiderio di conoscenza erano tali che tra i confini dell’Isola si sentiva un po’ rinchiuso. Le circostanze della vita hanno poi voluto che, dopo mille avventure, Craboledda sia diventato un ricco imprenditore agricolo, con una estesa tenuta in Provenza. Lo chiamavano “Monsieur Poivron”, perché nelle sue terre crescevano decine di tonnellate di peperoni da destinare al mercato della Costa Azzurra e della Svizzera. Poivron sta per peperone. Io e lui ci siamo conosciuti lo scorso anno, tramite l’editore Dario Maiore. Giommaria aveva letto il mio romanzo e mi ha cercato perché scrivessi la biografia della sua vita. L’abbiamo intitolata, naturalmente, “Monsieur Poivron”. Io e Giommaria abbiamo in comune la passione per la bicicletta. Lui ha pedalato da cicloamatore sulle strade di Francia e per decenni ha seguito la carovana del Tour di France, conoscendo molti assi del pedale. Io vado da sempre in mountain bike e almeno una volta all’anno prendo una settimana per attraversare la Sardegna da nord a sud.
Il vecchio da qualche anno si divide tra la sua casa francese e quella di Olbia, ma negli ultimi tempi il richiamo delle radici ha preso il sopravvento inducendolo a restare stabilmente nell’Isola. Ogni volta che ci vediamo mi ribadisce, con toni sempre più perentori, di voler regalare alla Sardegna le risorse guadagnate in tutta una vita e le sue ultime energie, contribuendo di tasca a progetti e iniziative che gli appaiano meritevoli. Spesso, nelle nostre conversazioni, la bicicletta è uno degli argomenti più ricorrenti. Gli ho spiegato che, in molti paesi europei, il cicloturismo è una forma di economia importantissima e che potrebbe esserla anche per la Sardegna, per il clima favorevole per buona parte dell’anno e per la ricchezza della nostra natura. Siccome vuole sapere tutto dei viaggi che faccio in bici, gli ho anche raccontato dei tanti bed&breakfast e delle tante pensioni che, in piccoli paesi destinati allo spopolamento, sopravvivono grazie agli esploratori sui pedali che in Sardegna giungono da tutta Europa, attratti dalle sembianze selvagge di un luogo che ai loro occhi sembra essere fuori dal tempo.
Queste osservazioni entusiasmano Craboledda, rafforzano la sua convinzione che anche nel turismo, nella salubrità della nostra aria e nelle trasparenze del nostro mare stia la chiave per una Sardegna prospera.
E così, un mese fa mi ha chiesto di organizzare una gara in bicicletta, come e dove avessi voluto. A suo modo, per dare un segnale. Io non avevo mai organizzato una gara, ma solo pacifiche escursioni, così ho preso tempo, cercando di rinviare il più possibile l’impegno. Lui mi ha risposto più o meno così: “Io ho 92 anni e non so quanto mi resta da vivere: non posso aspettare. Quindi la gara la facciamo il prima possibile”. Poi ha giocato il carico pesante: tremila euro di montepremi per le tre categorie di gara (over 50, under 50, femminile) che abbiamo individuato.
Ho pensato che il posto giusto per la gara potesse essere Monte Moro. È una delle destinazioni che più spesso raggiungo in bicicletta, quando non ho molto tempo: pochi minuti, si lasciano asfalto e traffico e la strada bianca sale fino a 400 metri di quota. Si avvistano cinghiali, lepri e volpi e, ancora prima di arrivare in cima, si gode di viste emozionanti che spaziano da Tavolara, a sud, alle scogliere della Corsica, a nord. Sotto i piedi, Porto Cervo e la Costa Smeralda, le spiagge del Pevero, Cala di Volpe e Liscia Ruja. È un luogo meraviglioso, eppure sono convinto che tanta gente non abbia mai pensato che su quella cima ci si può salire, si possono organizzare escursioni, campi, esplorazioni notturne e tante altre cose che adesso non saprei manco immaginare. Un mio illustre compaesano, lo studioso Michele Ruzittu, scrisse negli anni quaranta che Monte Moro doveva essere un parco, perché ne aveva tutte i requisiti. Ben prima che in Gallura si conoscesse il significato di turismo.
Quanti posti pregiati come Monte Moro abbiamo negli angoli più remoti della Sardegna? In quanti di questi luoghi potremmo trascorrere il nostro tempo libero, anziché trascinarci nei centri commerciali a cercare i 3×2, quante narrazioni potremmo offrire a chi non cerca solo la spiaggia e il villaggio vacanze? Quando ci chiediamo perché le Baleari abbiano il quadruplo dei nostri turisti, siamo abituati a liquidare la questione con la carenza dei nostri collegamenti. Certo, è vero. Ma io credo incida anche un diverso approccio alle esigenze del turista e allo sfruttamento delle altre stagioni delle vacanze.
Tutto ciò premesso, la “Coppa Craboledda” si farà a Monte Moro il 30 ottobre. Chiunque abbia un certificato medico per attività agonistica valido, può iscriversi (trovate le info sulla pagina Facebook Smeraldabike). Ma io spero vengano anche coloro che vogliono vedere Monte Moro e mi auguro che questo patrimonio poco conosciuto ispiri ad altri idee affinché su quel monte ci si possa costruire qualcosa che non sia la solita villa con piscina.
L’ultimo giro della Sardegna in bicicletta l’ho concluso, assieme ad alcuni amici, sabato scorso. Abbiamo attraversato la Gallura passando da Arzachena a Berchidda, dopo aver scavalcato il Limbara (dove i turisti appena scaricati da un pullman cercavano vanamente un bar aperto). A Berchidda abbiamo dormito alla Domo de Resteblas, un pittoresco bed and breakfast a gestione famigliare collocato in mezzo ai celebri vigneti di queste terre. Ho firmato il libro degli ospiti, nella cucina del mio appartamento, e ci ho trovato autografi di gente di tutto il mondo. Mi è sembrato bellissimo, una botta di energia, come una cucchiaiata di miele o una manciata d’uva passa quando sei stanco di pedalare.
Da Berchidda, passando per il vivaio forestale di Su Filigosu, ci siamo arrampicati fino ai mille metri del Monte Lerno, dopo trenta interminabili chilometri di salite, poi siamo arrivati a Bono. Dove i coniugi Virdis ci hanno accolto calorosamente, come sempre, nel loro b&b “Le Ortensie”. Poi abbiamo attraversato le Penisola del Sinis, siamo arrivati ad Arbus pedalando sulla Costa Verde e lambendo le dune di Piscinas. Al bivio di Funtanazza, abbiamo pedalato accanto a quattro svizzeri, due dei quali condividevano un tandem: venivano da San Gallo e sapevano tutto della Sardegna. infine siamo piombati su Cagliari da una strada sterrata che, partendo dal Comune di Santadi, sbuca alle porte del capoluogo. Tutto indimenticabile, come sempre. Faccio un passo indietro. Nel Sinis abbiamo pedalato per quaranta chilometri ad un palmo dal mare, seguendo i sentieri indicatici dall’amico Roberto Virdis e da Ivan Loche, che ci ha guidati nell’escursione. Da Su Pallosu a Capo San Marco, passando da Mari Ermi dove ci siamo concessi un bagno, è stato tutto un risplendere di scenari di abbagliante bellezza. Ecco, quella notte abbiamo dormito a Cabras, al bed and breakfast “Terramana” di Rosalba e Luigi. Deliziosi loro e deliziosa la loro casa, arredata con gusto e una rara cura nei dettagli. Rosalba e Luigi, anni fa, hanno perso il lavoro a pochi mesi l’uno dall’altra. Anziché piangersi addosso, hanno deciso di scommettere sull’ospitalità e di trasformare la loro casa in struttura ricettiva. Ha funzionato. Grazie al loro coraggio, all’aiuto e agli incoraggiamenti (non solo a parole) di chi ha creduto in quella scelta, grazie ai Giganti di Monti Prama ma anche per merito delle albe e dei tramonti del Sinis e ai sentieri sul mare, da camminarci o pedalarci sopra. Loro ad un destino di emigrazione non si sono rassegnati e, alla fine, proprio nella loro terra hanno trovato la migliore alleata per costruire il destino che volevano. Credo che la loro storia possa essere da esempio. Come lo è quella del vecchio Giommaria Craboledda che, da emigrante e alla fine del suo percorso terreno, vuole indicare una direzione e offrire un consiglio alla sua terra: credere di più in se stessa.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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