Il capo del Governo non poteva attendere i tempi della giustizia e così Gino Girolimoni divenne ufficialmente “mostro”. La nota vicenda del Mostro di Roma assassino di bambine che in realtà era soltanto un innocuo fotografo e mediatore in cause legali, è una delle vicende più significative dell’opera di demolizione del diritto nei primi anni dopo la presa del potere da parte dei fascisti.
Girolimoni era innocente. Ma un aspetto pure così importante passa in secondo piano rispetto al modo freddamente ed efficacemente dittatoriale e populistico con il quale Mussolini creò l’immagine del colpevole a dispetto dell’assenza di prove, dando anzi ordine di perseguitare i poliziotti che insistevano per indagare a fondo. Se anche Girolimoni fosse stato davvero colpevole, la barbara ordalia che lo portò in carcere e sulle prime pagine dei giornali avrebbe comunque danneggiato in maniera irrimediabile i residui di democrazia liberale che resistevano nelle istituzioni fascistizzate.
Erano gli anni del delitto Matteotti, Mussolini aveva bisogno di placare il popolo che cominciava a sospettare che il Duce fosse un assassino dimostrando che lui gli assassini li arrestava. E così quando l’opinione pubblica rimase sconvolta dalla serie di stupri e uccisioni nella Città Eterna, uno dei tanti sospettati sui quali si indagava divenne improvvisamente colpevole.
Girolimoni venne scagionato nel 1928 e rimesso in libertà. Venne dato ordine di non diffondere la notizia. Ma se anche si fosse saputo, nel ’28 la dittatura si era già consolidata, i tempi e gli scopi di Mussolini erano ormai preminenti rispetto ai tempi e agli scopi della giustizia.
In alto, Nino Manfredi nel film di Damiano Damiani “Girolimoni il mostro di Roma” (1972)
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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