Ecco la domanda. Come farà uno tipo Gianfranco Ganau, che ha un concetto sostanzialmente pulito della politica, a operare in un ambiente “degenerato”?
Rubo quest’ultimo aggettivo al pubblico ministero che ha chiesto la condanna dei consiglieri ed ex consiglieri regionali coinvolti nella faccenda dei fondi ai gruppi. E mi immagino due sostanziali controdomande. La prima è: ma chi ti dice che il presidente del consiglio regionale sia così impregnato di etica come tu dici? La seconda è invece una controdomanda retorica, che ha cioè implicita la risposta: ma non ti sembra una domanda del cazzo? Rispondo prima a quest’ultima. Sì, lo è. Un sistema politico che la magistratura ritiene “degenerato” non lo si giudica facendo assolutori esempi personali, come si è fatto qualche settimana fa per depotenziare la grande verità proclamata da Piercamillo Davigo sulla classe politica italiana. Però vorrei chiarire che io do per scontata la condanna di un sistema che certamente è fatto di donne e uomini, non di astratte entità socio giuridiche. Però adesso, siccome stiamo parlando del “Personaggio del giorno”, cioè una digressione che per molti versi sa di individuale, dico che mi incuriosisce il rapporto tra questo sistema e un individuo che conosco personalmente e verso il quale nutro una certa stima personale. Chi mi dice che Ganau sia portatore di un modo etico di fare politica? Non sostengo che oggettivamente lo sia, non lo so, ma può essere che il sistema in cui opera pur consentendogli personalmente di non peccare gli impedisca di mondare il sistema stesso dai peccati degli altri. Una sorta di insuperabile barriera di autoconservazione dell’apparato. Ganau per questo potrebbe offendersi e rispondermi: caro Filigheddu, io non soltanto sono onesto, ma faccio anche in modo che gli altri lo siano. Io non lo metto in dubbio, ma penso che questo sistema impedica ai suoi sforzi di assurgere al rango, appunto, di “sistema”, condannandoli a restare nella categoria di un atteggiamento e di un’etica personali. E di questi tempi comunque non è poco. In quanto alla mia certezza che Gianfranco Ganau abbia un concetto corretto del fare politica, non ho svolto alcuna indagine su di lui. Lo conosco e basta. Certo che per uno che come me fa il giornalista in Sardegna dal 1973 è piuttosto grave giudicare un esponente di primo piano della classe dirigente sarda basandosi su impressioni anziché su un’inchiesta approfondita. Vabbé, non esageriamo. Di fatti in fondo ne conosco tanti che confermano questa mia opinione, anche senza essermi mai dedicato a particolari indagini su questo personaggio. In fondo Sassari è piccola, lui ha sempre avuto un ruolo pubblico e io per lungo tempo ho svolto un lavoro che mi costringeva a tenere orecchie e occhi aperti sui fatti talvolta anche privati dei personaggi pubblici. Diciamo che l’impressione che ho sempre ricavato su di lui era di uno al quale, se fosse stato un impiegato di banca, avrei tranquillamente affidato i miei risparmi anche senza ricevuta. Però, siccome mi è sempre piaciuto anche correre il rischio di sbagliare pur di lasciarmi ogni tanto trascinare dai sentimenti, ci sono due episodi che influenzano notevolmente il mio giudizio su Ganau. Il primo risale a circa 25 anni fa, quando la mia figlia più grande aveva cinque o sei anni e cadde rovinosamente dal monopattino. La risollevai e vidi con terrore che sotto il mento aveva quello che a me sembrava uno squarcio. Al pronto soccorso dell’ospedale civile c’era di turno un giovane medico del quale i colleghi più anziani parlavano già molto bene e del quale seguivo con un certo interesse l’attività politica nell’allora magmatica sinistra sassarese. Quando il dottor Ganau vide la bambina mi accorsi che fissò due priorità: la prima, tranquillizzarla in ogni modo perché di quella brutta avventura non restasse alcun ricordo di sofferenza né fisica né psicologica; la seconda, ricucire alla perfezione la ferita “perché – ricordo ancora le sue parole – questa bella bambina un giorno diventerà una bella donna e sul suo viso non deve esserci niente che ne disturbi la visione”. Riuscì alla perfezione in entrambi gli intenti. Posso soltanto rimproverargli che trascurò un terzo aspetto, cioè sedare il padre terrorizzato, non escludo che mi abbia pure mandato affanculo quando diventai troppo incalzante mentre lui lavorava sulla piccola. Comunque è poco importante. Ciò che ricordo è che quando negli anni successivi creò uno dei migliori servizi del 118 esistenti in Italia, regalando alla medicina sassarese uno dei suoi pochi punti di eccellenza, molti suoi colleghi mi confermarono che le doti professionali, umane ed etiche che gli avevano consentito di creare quella struttura , erano le stesse che aveva usato nel ricucire il mento di mia figlia. L’altro episodio risale a quando Ganau era sindaco di Sassari e insieme ad altri venne indagato per questioni riguardanti il piano regolatore. Non entro nei particolari, ma nessuna “questione di soldi”, comunque. Piuttosto quelli che molti chiamano “inevitabili incidenti di percorso” ai quali ci si espone quando si amministra. Lo dico solo per chiarire la specie dei reati in oggetto, non perché voglia associarmi a questa alzata noncurante di spalle con la quale la politica spesso si autoassolve. Ma ciò che mi colpì, sempre sul piano delle emozioni, fu quando in quei giorni dell’avviso di garanzia casualmente lo incontrai a una conferenza nell’Archivio storico del Comune. Era terreo in viso, salutava con un sorriso di circostanza, sembrava invecchiato. Io in quel periodo non ero più un cronista, al giornale facevo altro, e quindi quando ci trovammo soli evitai di fargli inutili domande sulla sua situazione: ci avevano già pensato i miei colleghi. Fu lui però a portare il discorso su quell’argomento, sembrava che volesse dirmi qualcosa. Alla fine sbottò: “Io sono certo che da questa faccenda uscirò dimostrando la mia innocenza. Ma ora mi interessa che tu, in questo momento, resti convinto di una cosa: che io sono una persona perbene”. Capito? Non magistrati così e cosà, non gli avversari politici che sono peggio di me e tutto l’armamentario di questi casi. Soltanto che tu e quelli come te mi consideriate ancora nel nostro novero delle persone perbene. Ho capito in quel momento che per Gianfranco Ganau contava la sua identità sociale di persona onesta, che ciò che aveva imparato dai suoi genitori era più importante di qualsiasi deviazione di valore che poteva provenire dal suo nuovo habitat politico. Ganau era permeabile alla vergogna sociale che deriva dall’essere coinvolti in un fatto giudiziario, l’unico e vero atteggiamento etico che costituisca un vero deterrente nei confronti della commissione di quei reati. Rimasi fortemente impressionato da questa rivendicazione di onestà non pubblica, formale, politica, ma personale, umana, appassionata e sincera. Pensai ai numerosi politici che sino ad allora avevo avvicinato dopo il loro coinvolgimento in fatti giudiziari, alla loro strafottenza, alla loro dimostrazione di forza e di noncuranza rispetto alla pressione della magistratura. Pensai a uno di loro che addirittura avevo visitato per intervistarlo nella cella del carcere di San Sebastiano dove era finito non per “incidenti di percorso” ma per accuse che parlavano di volgari mazzette. A un certo punto, nonostante per mestiere abbia un po’ di pelo sullo stomaco, tradii un po’ di imbarazzo nel vedere in quelle condizioni un uomo che sino a pochi giorni prima vedevo libero e in luoghi istituzionalmente importanti. Fu lui a consolarmi: “Non sentirti in imbarazzo, tutto passa, vedrai che questa storia ce la dimenticheremo”. Infatti dopo venne assolto. Ma sul momento io pensai: cazzo, in galera c’è lui ed è lui a consolare me che da questa cella posso uscire quando voglio, ma che gente è questa? Ecco, io ritengo che Gianfranco Ganau sia l’esatto opposto di personaggi del genere e quindi continuo a farmi questa domanda sciocca su quanto debba essere difficile la convivenza tra le persone perbene e gli ambienti “degenerati”. Chissà se si sente in minoranza o se si sente accerchiato. O se resiste perché pensa che la presenza di gente come lui nelle istituzioni e nei partiti impedisca che le cose vadano ancora peggio. Non dev’essere tutto rose e fiori, però.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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