Francesco Pigliaru scrive di rado su Facebook e, a quanto ne so, quando lo fa verga personalmente i suoi post, senza affidarli ad addetti stampa o ghost writer. È una scelta che sembra rispecchiare il profilo pubblico del presidente della Regione: nessun proclama, parole solo quando è strettamente necessario, totale rottura con la effimera politica degli annunci. Ieri Pigliaru ha sentito l’esigenza di scrivere un post lungo, contrariamente alle abitudini, per rappresentare la sua posizione sulla questione del referendum sulle trivelle. In sostanza, secondo il presidente, rinunciare da subito e prima dell’esaurimento dei giacimenti ai combustibili fossili non sarebbe scelta saggia. Ha aggiunto che alla Sardegna la contesa non dovrebbe interessare direttamente, essendo l’Isola al riparo dal rischio delle concessioni presenti e future. Insomma, Pigliaru sposa la linea del governo sulla consultazione e la sostiene schierandosi. A me non interessa entrare nel merito della sua posizione, rispettabile come tutte le altre, anche perché credo non sarà da questo referendum che dipenderanno le sorti del nostro mare. Mi interessa però notare che questa sua scelta di campo appare come un’ennesima e stiracchiata prova di fedeltà al governo Renzi, col quale Pigliaru sembra sempre in totale armonia. Ed è esattamente in questo modo che la dichiarazione di Pigliaru è stata recepita, non solo dai suoi avversari ma anche da chi lo sostiene per affinità politiche: una dimostrazione di obbedienza, tanto più significativa perché i temi “ambientalisti” sono da sempre un patrimonio della sinistra. Tra quelli che strepitano per il “sì” ci sarà anche gente che se ne va in giro con il Suv da 5000 di cilindrata, ma c’è anche tanta gente che crede sinceramente nella causa: la mobilitazione meritava certamente maggiore considerazione nel post del presidente. Ho sempre ritenuto insensati – oltreché irritanti – i toni di certi indipendentisti, per i quali un politico sardo che dialoghi con le istituzioni nazionali è immancabilmente un servo. La capacità di dialogare con tutti e senza preclusioni è un dovere ma anche una delle prime doti di un politico. Però c’è modo e modo di dialogare. Francesco Pigliaru dovrebbe capire che non è necessario essere sempre d’accordo con le decisioni del governo, essendo tra l’altro noto che la Sardegna ha fondato motivo per guardare con diffidenza alle manovre di Roma. E dovrebbe capire anche che questa impressione di arrendevolezza trasmette l’immagine di un presidente che si limita a recepire, anziché discutere alle pari il rapporto della Regione con lo Stato.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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