Ricordando Marco Pannella non posso non pensare a Enzo Tortora, conosciuto nel 1985 all’Asinara. Quando venne, per visitare e parlare con Raffaele Cutolo, il discorso cadde necessariamente sul partito radicale, sulla possibilità che lui aveva avuto di diventare, grazie a Pannella, un deputato anche se, in realtà, non era mai stato di idee radicali. Enzo Tortora, che ebbi modo di conoscere molto meglio in seguito e con il quale ebbi una frequentazione negli anni successivi, mi rispose che dove c’era un’ingiustizia ci doveva essere, per forza un radicale. Quindi, anche lui si considerava radicale nell’anima. Enzo Tortora e Marco Pannella mi hanno fatto riflettere su alcuni punti: sulla giustizia negata, sull’impossibilità di trovare una dignità in carcere e sulla voglia di lottare a qualunque costo. Ho compreso che Marco Pannella utilizzava il suo carisma per far passare alcuni principi e, sotto alcuni aspetti, l’ho amato e seguito. Mi piaceva l’idea di mettere l’uomo al centro della discussione. L’uomo in quanto tale e non con le sue bassezze. Ho anche votato, nel 1978 per il partito radicale. Fu il mio primo voto. Ma anche l’unico per loro. Quel voto era l’espressione della mia voglia di credere in qualcosa e Pannella, in quel momento rappresentava il mio urlo contro il cielo. Con Enzo Tortora parlammo spesso, negli incontri in un ristorante vicino a Fertilia, di Marco Pannella. Lo considerava una persona schietta, di parte, rissosa, egocentrica ma unica. Unica nel portare le lotte sino alle estreme conseguenze. Tra le tante cose che ci dicemmo in quegli incontri molte erano legate alla passione e al carcere. “Lavora per restituire la dignità a chi in carcere non riesce ad averne”, e aggiungeva: “ ricordati che anche dietro il peggiore degli uomini si nasconde una parola per aggrapparsi ad un dialogo”. Non ho mai capito cosa significa realmente essere radicale in Italia. Con la morte delle ideologie è tutto più difficile. Però Marco Pannella ha lottato sino alla fine per un carcere più umano e dignitoso. Una lunga e difficile battaglia che parte da una considerazione altissima: sarebbe bello, per una società utopica liberarsi della necessità del carcere. Enzo Tortora non c’è più. Mi manca quel suo modo di raccontare con dolcezza le cose più dure: l’esatto contrario di Marco Pannella. Enzo non fumava, non beveva ed era vegetariano. Un signore d’altri tempi. Come Marco Pannella. Uomini che con le parole hanno raccontato l’uomo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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