Questo Personaggio del giorno ha avuto una gestazione molto laboriosa. Ero partito pensando potesse essere il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, che oggi ha trovato il tempo per lanciare via Twitter il ridicolo boicottaggio del cornetto Algida ma non un pensiero di umana pietà per il nigeriano pestato a morte a Fermo, convinto come dev’essere che anche un solo messaggio di cordoglio per un africano ammazzato di botte possa significare un cedimento nella lotta contro l’immigrazione. Poi ho concluso che un politico scadente come Gasparri merita solo indifferenza. E ogni parola in più spesa per lui contribuisce a farlo fluttuare sulla bolla di nulla su cui ha costruito la sua fama.
Abbandonato Gasparri, mi era venuto in mente di nominare Personaggio del giorno il collettivo dei 13 sacerdoti che, la settimana scorsa, hanno occupato al terrazza del Bar Portico di Porto Cervo per un giro di Bellini, a quanto pare offerti da un gioielliere (lo so perché un amico mi ha mandato le foto). Non perché ne fossi scandalizzato, ma perché l’archetipo di sacerdote che ho nella mia testa piena di pregiudizi è uomo sobrio e umile, che non si fermerebbe mai per un aperitivo in piazzetta. Riflettendoci, mi sono trovato profondamente in disaccordo con me stesso e ho deliberato che in fondo non c’è nulla di male se un prete, staccato dal lavoro, dispone come crede del proprio tempo libero, fosse anche per sorseggiare succo di pesca e spumante con lo sguardo rivolto agli yacht del porto vecchio.
Èd è stato all’altezza di quel crocevia dei miei contorti pensieri che mi sono fermato su Don Francesco Cossu, da qualche giorno parroco emerito del mio paese. Parroco emerito perché, dopo 42 anni di servizio presso Arzachena, sarà sostituito nella guida spirituale della comunità da un suo più giovane collega. Il vescovo ha deciso una serie di spostamenti dei suoi subordinati e, a 80 anni peraltro portati benissimo, per Francesco Cossu è venuto il momento del riposo.
Don Francesco è uomo di lettere, essendo autore di una lunghissima serie di pubblicazioni sulla storia e le tradizioni del luogo in cui ha vissuto buona parte della sua vita. È un custode della memoria: entra nella case dei parrocchiani e cerca segni del passato che finirebbero bruciati, dispersi in qualche trasloco, dimenticati in cantine o soffitti polverosi. Appunti, memorie, fotografie. Tra questi libri, mi permetto di segnalarne uno: “Arzachenesi al fronte”, datato 2003, una struggente raccolta di lettere inviate alle famiglie dai soldati partiti per la Guerra, materiale di denso significato storico. Lo so, un parroco che scrive libri è cosa ordinaria. Ma, se ci pensate, la particolarità di Don Francesco è che scrive libri sulle tradizioni, sul passato di una terra che nella letteratura comune viene rappresentata come immersa nel presente e proiettata al passato, essendo la terra della Costa Smeralda. Certo, Porto Cervo ha una sua parrocchia. Ma Arzachena è il Comune cui fa capo, una specie di avamposto autoctono ai margini dell’enclave turistica. Conta molto di più nella percezione popolare dell’economia delle vacanze.
Questo scrivere del passato non risponde ad una semplice esigenza, per così dire, estetica. Prima di molti di noi, Don Francesco aveva colto i sintomi e i pericoli della rivoluzione antropologica imposta dai modelli del turismo: gli entroterra abbandonati, gli stazzi saccheggiati per prelevarne le tegole con cui dare copertura a ville che volevano darsi un tono di storia. Ma Francesco Cossu sapeva che non si possono rinnegare né la storia né la terra, che non si può essere veramente liberi se non si è capaci di farsi bastare quel che la natura ci ha dato. Nei 42 anni della sua missione, questi moniti sono stati interpretati spesso con malumore e fastidio ed io non ho fatto eccezione: in paese restiamo tutti convinti che la Costa Smeralda sia stato meglio averla e noi interpretavamo quell’atteggiamento come una forma di chiusura, un inutile arroccarsi su un passato ormai da archiviare (sarà anche che l’uomo ha un carattere piuttosto deciso e modi talvolta spigolosi). In realtà il pensiero di Don Francesco era molto più sfumato di come lo si volesse banalizzare. Non rifiutava affatto il futuro ma riteneva un esempio da non disperdere il modello dello stazzo, non perché bello a vedersi ma perché forma di economia autonoma che concentrava in sé ogni sapere pratico.
Qualche riga sopra, usando una frase fatta, ho detto che Don Cossu è stato “guida spirituale”: non è una frase fatta. Nell’aprile del 2013, Don Francesco Cossu si distinse per un’iniziativa che provocò molti imbarazzi nel palazzo comunale di Arzachena. Venne in visita l’allora presidente della Regione Cappellacci per parlare col sindaco dei piani di sviluppo della Qatar holding, di cui Cappellacci era un tenace sostenitore benché nessuno sapesse esattamente in cosa consistessero. Don Francesco fece irruzione in sala giunta e lesse una lettera, nella quale espresse con toni fermi al governatore i timori di una comunità che rischiava il solito, inutile spargimento di cemento senza benefici a lungo termine, annunciando anche un’opposizione senza sconti a possibili speculazioni immobiliari. La cosa suscitò sorpresa tra gli amministratori di centrodestra e non ebbe grande risalto mediatico, ma Don Francesco raccolse in quel momento tutte le obiezioni e le domande che molti di noi avrebbero voluto ma non potuto porre. Fu un gesto rivoluzionario, uno dei momenti più alti dei 42 anni da parroco. Nei quali, peraltro, non è mai mancata una parola di conforto per i deboli e i malati, perché Don Francesco era anche uno di profonda generosità umana, aperto al dialogo con tutti. Anche se sono convinto che un invito ad un apericena al fashion bar di Porto Cervo non lo avrebbe mai accettato.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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