Daniele Barioni è un formidabile signore di 86 anni, dotato di una carica giovanile, di una energia e di uno spirito ammirevoli. Ma in realtà il personaggio di questa storia è la stratificazione di significati che le forme dell’arte, nelle modalità con cui interagiscono, creano nell’osservatore che si lascia trasportare dalla marea delle emozioni. Da una parte c’è un magnifico signore che vive la sua età con la forza di un ragazzino, dall’altra un film. Nel film, Mare Dentro di Alejandro Amenabar (Spagna, 2004), si racconta la storia, ispirata alla realtà, di un tetraplegico e della sua battaglia per l’eutanasia. E’ un uomo, un tempo un pescatore che amava l’aria, il sole e il mare, paralizzato in un letto a causa di un tuffo, costretto a osservare il mondo da una finestra aperta, e che decide ad un certo punto di voler morire. Una battaglia legale e religiosa si scatena attorno alla vicenda dell’uomo. C’è una storia d’amore, dentro. L’uomo con la sua legale, anch’essa affetta da una malattia degenerativa, si innamorano. La scena più famosa del film è quella in cui l’invalido, bloccato nel letto, mentre ascolta la famosa aria pucciniana di “Nessun dorma”, immagina di volare dalla finestra. Sotto di lui, sostenuto dalle note della musica meravigliosa, il paesaggio scorre veloce, campi, foreste, montagne, vallate, torrenti fino a puntare in alto, verso le nuvole, proprio mentre la musica pare fermarsi e le note sospendersi nell’aria. Poi, l’uomo precipita in una spiaggia deserta, dove c’è lei che cammina, claudicante. I due si baciano. Quando ho visto quella scena, la prima volta, casualmente su un video, mi ha scosso. Ma un tarlo, più razionale, passata l’ondata emotiva, mi ha assalito. La registrazione di quella che viene considera una delle romanze più belle e conosciute, era certamente datata. Chi poteva essere quello straordinario tenore, dalla voce così pura e dall’acuto così potente e cristallino? Quella voce non apparteneva a nessuno dei grandi tenori degli anni scorsi, le cui voci erano riconoscibili; non apparteneva a Pavarotti, a Del Monaco, a Di Stefano, a Corelli, e neppure, tornando ancora più indietro nel tempo, a Caruso o a Gigli. Eppure quella voce straordinaria non poteva che appartenere ad uno straordinario interprete, pari a quelli citati. Ho iniziato la mia piccola ricerca. E ho scoperto che, alla fine degli anni ’50, imperversava, in America, di casa al Metropolitan di New York, un tenore straordinario, dotato di un naturale talento. Aveva bruciato le tappe, pur provenendo da umili origini. Cantava ancora a “orecchio”, quando un famoso manager americano lo strappò, giovanissimo, all’inizio della carriera, alle platee italiane, con un contratto sostanzioso. Il giovane in America irruppe nella scena, nel 1956, conquistandosi subito fama, successo e popolarità fin dalle prime opere, attirandosi l’ammirazione e le invidie dei colleghi. Si narra che il grande Mario del Monaco, sentendolo cantare, disse: “questo se continua così ci manda tutti a coltivare rapanelli”. C’è una storia d’amore, dentro. Il giovane tenore si innamora di una giovane pianista di successo italiana. I due si sposano. Lei lo aiuta a preparare le parti. Un giorno la pianista muore, a causa di un attacco di leucemia fulminante. E’ il 1966. Quella data segnò anche il declino artistico del grande tenore. Smise per qualche anno, poi riprese, negli anni ’70. Ma forse qualcosa si era rotto, forse le sue interpretazioni si erano intristite, non erano così potenti, brillanti, piene di energia. Il suo nome scomparve dalle scene gradatamente, e finì nel dimenticatoio, fuori dal pantheon dei grandi tenori della storia. Per uno strano scherzo degli imperscrutabili disegni del Dio dell’Arte, Daniele Barioni, ancora oggi, o almeno fino a pochi anni fa, lucidissimo ultra-ottantenne, ha conservato una voce tenorile limpidissima, al punto, caso davvero più unico che raro, da aver proseguito, anche se in tono minore, la sua carriera con recital e concerti di vario genere. Nella mia ricerca poi ho trovato alcune sue interviste, che mostrano vitalità e giovialità ma, soprattutto, un grandissimo amore per l’arte e la musica. Il suo più grande rammarico, naturalmente, di aver interrotto la carriera troppo presto. Storie di amore e di attaccamento alla vita, storie di opere d’arte e di amore per il mare e per la musica. Io, così come le ho scoperte, ve le ho raccontate.
FOTO DI DANILO BOARETTO
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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