Stavo in cantina a scrivere quando ha squillato il telefono di casa, che sta al piano superiore. Cantina e piano superiore sono collegati da una ripida scala a chiocciola e io l’ho risalita a tutta velocità, rischiando il collo, per riuscire a rispondere (non so perché mi prenda questa frenesia di rispondere, quando squilla il telefono). Era un numero della Provincia – se vedo prefissi strani immagino siano call center e mi preparo al peggio – e ho risposto. Era un compro oro di Olbia. Quella che ne è seguita non è stata una conversazione, ma un monologo. Non era una voce registrata, ma il telefonista stava leggendo un messaggio scritto e non mi dava possibilità di intervenire. Ho pensato sia stato addestrato a leggere speditamente in modo da non essere interrotto, portare a termine il suo comunicato con proposta commerciale incorporata e salutare con finta cordialità, speculando sulla buona educazione e la tolleranza del cittadino medio. Siamo aperti da tale ora a tale ora, applichiamo la valutazione massima, ci trova in tale via a tale indirizzo, le auguro una buona giornata, click. Avrei voluto fargli notare che avevo rischiato la vita per rispondere alla proposta di uno sconosciuto, ma non me ne ha dato il tempo e neppure sarebbe stato il caso. (Una volta declinai l’offerta di una telefonista del call center di Mediaset Premium adducendo motivi ideologici e lei, sovvertendo i ruoli, perse la pazienza e si lanciò in un incredibile comizio contro Berlusconi, professandosi comunista: da allora ho smesso ogni pregiudizio contro i call center). Tornando al compro oro, il primo pensiero è stato: perché ha chiamato me, si sarà mica diffusa la voce che navigo in cattive acque? Il secondo: come ha avuto il mio numero? Il terzo: però è la prima volta che un piazzista mi chiama per comprare qualcosa e non per vendermela. Tutto sommato, se uno è in difficoltà può essere un aiuto immediato. Non bado mai agli oggetti preziosi che ho a casa. Ho alzato gli occhi e su una mensola, sopra la televisione, ho soffermato lo sguardo sul vassoio d’argento che mi regalò dottor Chiscuzzu, il segretario comunale, per il mio matrimonio. E mi sono ricordato di lui, quella pasta d’uomo del dottor Chiscuzzu, il giorno del mio matrimonio, quel pomeriggio caldo e nebbioso di fine settembre, in mezzo alla pista da ballo con la camicia bianca e le maniche arrotolate, la sigaretta che gli spuntava dalla bocca, di traverso, i capelli bianchi arruffati. Il dottor Chiscuzzu è morto l’anno scorso e quel vassoio d’argento mi terrà legato per sempre al suo ricordo. Nella mensola più in alto c’è un altro vassoio d’argento, regalo di nonna Bastiana. Penso a lei, ogni volta che lo vedo, e credo che quell’oggetto serva proprio a ricordare una delle persone più importanti della mia vita (che è viva e combatte con noi, eh, dall’alto dei suoi 93 anni). Ho passato in rassegna, nella mia testa, l’orologio Cartier della cresima, le Mont Blanc ricevute alla laurea e in altri momenti importanti della mia vita: a ciascuno di questi oggetti corrispondeva un volto, un’emozione, una battuta nel momento della consegna del dono. Suppongo anche un piccolo sacrificio, una piccola rinuncia da parte di chi me li ha regalati: sono regali costosi. C’è un legame umano dietro ciascuno di loro, ci sono storie, identità, parole, emozioni, rapporti tra famiglie. Poi una mattina uno sconosciuto chiama a casa tua, ti legge una pappardella imparata a memoria e ti offre denaro per acquistare un pezzo della tua, di memoria. E se poco poco ti trova in un momento di debolezza, se hai bollette arretrate che non sai come pagare, magari ti convince. Abbiamo anche il problema di difendere i segni della nostra storia individuale, non solo quella collettiva. Se avessi bollette arretrate da pagare non sarei così sentimentale, direte voi. Avete ragione. Ma un milligrammo della nostra memoria personale vale più di 36.17 euro al grammo (quotazione dell’oro oggi, fonte Sole 24 Ore)
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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