Il personaggio di oggi, secondo il mio personalissimo giudizio, è l’autore del secondo virgolettato che leggete qua sotto; ma un po’ lo è anche l’autore del terzo e, crepi l’avarizia, quello del primo.
Le citazioni le ho prese da un articolo del Fatto Quotidiano firmato da Silvia D’Onghia, uscito oggi, 3 aprile.
Nel pezzo si parla dello spaccato che la giornalista ha potuto ricostruire, pescando sulla pagina Facebook di Ilaria Cucchi. La sorella di Stefano Cucchi, possibile candidata alle Comunali di Roma, è stata fatta bersaglio dei soliti insulti che un certo tipo di persone le rivolgono. Tra i commenti però, dopo quelli contro la Cucchi, cominciano ad affacciarsi quelli contro la mamma di Carlo Giuliani e, addirittura, quelli contro la madre di Giulio Regeni.
Io non so come definire certe persone. In generale sembrano mosse da odio genuino. Il punto è che viene male dire chi o che cosa odiano. Si sarebbe tentati di semplificare e di dire che odiano tutto ciò che sa, anche vagamente di sinistra; basti dire che in molti commenti se la prendono con l’attuale governo.
Però non sarebbe giusto cedere a questa semplificazione e dividere l’Italia tra “noi” e “loro”, tra buoni e cattivi, tra rossi e neri. No, non è giusto. Anche perché Stefano Cucchi, Carlo Giuliani e Giulio Regeni (che starebbero con “noi”), erano in realtà tre persone totalmente diverse e distanti l’una dall’altra. Tre storie umane indipendenti, che non si sono mai incrociate.
Una sola cosa hanno veramente in comune questi tre cittadini italiani: sono morti di morte violenta –in circostanze diversissime tra loro- per mano di qualcuno che rappresentava un potere, anzi, Il Potere.
Anzi, di cose in comune ne hanno due: dopo la loro morte sono stati difesi dalle loro famiglie, in particolare da donne delle loro famiglie, sorelle o madri.
Ecco cosa hanno in comune queste storie.
Ed ecco –io credo- qualcosa su cui riflettere, per tentare di classificare quelle persone che ritengono buona cosa insultare la memoria di questi morti e il coraggio delle donne che li difendono.
Ce n’è abbastanza per ragionare, adesso si, in termini di “noi” e “loro”.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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