Non ho figli. Appartengo alla categoria delle donne che hanno scelto una consapevole vita non procreativa, rendendo così superflui utero e ovaie. Sono una di quelle stronze ree d’aver contribuito in maniera determinante alla denatalità, per intenderci. Nei miei geni, e in tutti quelli delle donne prive di prole come me, è iscritta la minaccia dell’estinzione della specie.
Ma la Ministra della salute ci comunica fiduciosa che è stata creata una giornata della fertilità, fissata per il 22 settembre 2016, e mentre lo fa lancia uno sguardo alle nostre ovaie e uno all’orologio. La ventenne sì. La trentenne nì: sub condicione, prima della chiusura irrevocabile della finestra fertile. La quarantenne no: game over. E’ evidente che per la Ministra esiste una realtà concreta, costruita dai corpi, che se non viene accompagnata da una realtà riproduttiva rende invisibili i soggetti sociali. Pertanto tutte le donne che non abbiano prolificato, inclusa me, non esistono. Lorenzin come Dio a Noè:
– Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra. – Anche se, effettivamente, all’epoca qualche problemino relativo al rischio di estinzione era concreto. Quanti siamo oggi? Sette miliardi e mezzo, uomo più uomo meno.
Il Piano Nazionale della Fertilità – ipsa dixit – è stato elaborato perché l’Italia è uno dei Paesi europei con i più bassi livelli di natalità. I figli, pertanto, devono essere una conditio sine qua non. E se la scelta di procreare non scaturisce dal desiderio di materializzare un amore o per la volontà di trasformare una coppia in famiglia, deve trovare spazio come dovere civico per contribuire al ripopolamento della nazione.
L’attuale denatalità pare metta pericolosamente a rischio il welfare e per il governo di Renzi, il cui interesse principale non è certo il benessere dei cittadini, appare più sbrigativo trovare rimedi che indagare sulle cause. Nessuno sguardo, nemmeno superficiale, alle trasformazioni della famiglia e alle nuove forme di convivenza, alla realizzazione sociale delle madri sole come destinatarie di apposite politiche di supporto, a un’analisi delle politiche sociali da un punto di vista di genere, all’esiguo numero di asili comunali, alle difficoltà economiche delle coppie, alla disoccupazione, all’incertezza, al possibile snellimento della burocrazia per le adozioni, ai potenziali nuclei omogenitoriali. No, nessuna legislazione in proposito!
Oggi le donne sono “indipendenti e mascolinizzate” e spesso, per libera scelta o cause di forza maggiore, vengono meno a quel dovere verso lo Stato. Del resto si è concesso loro il diritto di autodeterminazione in materia di procreazione, del quale hanno fatto un pessimo e parsimonioso uso. Meglio ribadire i ruoli: il maschio è colui che deve assicurare la continuità del cognome paterno; la femmina è quella che viene relegata alla riproduzione. Si dia l’avvio alla battaglia demografica combattuta su più fronti: la capillare responsabilizzazione finalizzata all’incremento quantitativo della razza, la rimozione di tutte le cause che contemplino il rischio d’infertilità, restituendo così il pilastro alla maternità, l’ampliamento delle condizioni incentivanti anche attraverso un bonus bebé.
Obiettivi che ricordano prepotentemente Il Discorso dell’Ascensione di Mussolini alla Camera dei Deputati il 26 maggio 1927. Ma potrei anche sbagliarmi…
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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