Io sono uno di quelli che non prende medicine, se non proprio quando servono e sono utili. Cioè quasi mai. Però recentemente mi sono imbattuto in una forte faringite, che ha interrotto la mia salute solitamente ferrea. Ho viaggiato molto per le attività culturali che svolgo: stress e colpi d’aria in grande quantità. E inizio ad avere anche io la mia età. Insomma, dalla faringite, a furia di parlare in pubblico, si è infiammata la laringe. E altri incontri e presentazioni pubbliche incalzavano in un calendario fitto fitto. Per non parlare del lavoro e della famiglia, che pretendono sempre la massima efficienza fisica. Questa è la volta buona che mi prendo un bell’antibiotico, mi sono detto, che quando ci vuole ci vuole. Vado dal medico, finalmente; mi apre la bocca, si spaventa. Lo so che tu non prendi medicine, ma stavolta, tre giorni di antibiotico. Due giorni di antibiotico saranno sufficienti, mi sono detto tra me e me. Che tanto uno come me, che medicine non ne prende mai, reagisce subito bene. Ed infatti, dopo due giorni di antibiotico, miracolosamente, spariti tutti i fastidi di faringite, laringite e tracheite nel frattempo sopravvenuta. Giusto un po’ di tosse residua. Tuttavia, ho sperimentato sulla mia pelle il motivo per il quale i medici raccomandano di non interrompere una cura di antibiotici. Perché se il ceppo batterico non è stato del tutto eliminato, quello che sopravvive, e si moltiplica, è una selezione artificiale di un batterio diventato fortissimo e resistente. Per cui mi sono ritrovato, dopo pochi giorni, punto e accapo. Questa piccola vicenda personale, spiega perché sia del tutto sbagliato abusare dei farmaci, e degli antibiotici in particolare, usati con troppa leggerezza. Perché più si usano e più si isolano ceppi di batteri resistenti. L’abuso che gli esseri umani fanno dei farmaci, dunque, con il tempo rischia di ripercuotersi contro la specie umana stessa. Diventa una spirale crescente: batteri sempre più forti e antibiotici ancora più forti, che come si sa, non fanno tanto bene all’organismo. Gli antibiotici si devono usare poco, e quando si usano, però, vanno usati bene, non come ho fatto io. La cosa più inquietante, però, proviene dall’abuso abnorme che degli antibiotici si fa negli allevamenti intensivi. Mentre ci si accanisce sulle categorie degli allevatori tradizionali, che antibiotici ne usano poco e niente, proliferano degli allevamenti giganteschi che, da anni, in tutte le carni commestibili, utilizzano massicce dosi di antibiotici per evitare il rischio di epidemie che quel tipo di allevamento, con gli animali tutti ammassati tra loro, comporta. Così si isolano dei ceppi batterici super resistenti che finiamo per mangiare. Negli Usa, in particolare, questo abuso, insieme a quello di altre sostanze chimiche, assume contorni preoccupanti tanto che il prossimo trattato TTIP di liberalizzazione del mercato tra Europa ed Usa pone, qui in Europa e soprattutto in Italia, dove c’è un controllo molto severo dei prodotti, un problema di natura sia igienica che etica. Naturalmente il problema sanitario si scontra con gli interessi dei grandi allevamenti, tuttavia credo che mai come in questo caso, al benessere dell’animale possa corrispondere il benessere degli esseri umani.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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