Con lui, e per un attimo, il razzismo ha perso un po’ del suo incanto. Alizar Brhane era uno dei tanti immigrati per i quali ci si precipita al computer, si spalanca la porta della bacheca facebook con un calcio, e si urla al vento Rispediamoli a casa loro a calci nel culo. Dunque, voi cultori della razza pura eravate pronti a rispedire a casa loro quelli che insieme a Salvini & C chiamate delinquenti, criminali, “immigrati economici o climatici” che vanno trattati secondo regole e limiti, e invece è arrivato Alizar. E chissà quanti altri esseri umani miti e indifesi come lui.
Quel ragazzino è approdato in Sardegna il 21 marzo, fresco delle torture subite in Libia che psicologi e psichiatri aiutavano a rimarginare. Era questione di giorni, presto avrebbe lasciato la casa di accoglienza di Cagliari per iniziare una nuova vita. Uno dei tanti per i quali il vostro sistema di valori, edificato su solide basi dei tempi d’oro di “quando c’era lui” e conservatosi ancora sostanzialmente immutato negli anni, ha puntato il solito indice accusatore. E non stupisce che in questo agone politico, nel quale tutti sgomitano per guadagnare la ribalta, dove anche Salvini strumentalizza i disperarti per incantare le masse, non si possa più nemmeno confidare su un rigurgito di umanità che talvolta si annida anche nelle carogne. “Aiutiamoli a casa loro”. Continuate a urlare, con le vene del collo estese come autostrade.
A una certa età fraintendere le ragioni degli altri può anche non essere poi così grave, ma non capire perché ci si comporta in un certo modo e abbracciare quelle becere ragioni lo è, eccome
Poi, fra le tante sommerse e che non conosciamo, emerge la storia di Alizar e allora vi tocca anche arrendervi a un jumbo di humanitas che conclude la sua rotta in Italia, per tacere dei tre delinquentelli che si nascondono nei barconi.
Con Alizar, e per un attimo, il razzismo ha perso un po’ del suo incanto. Ma da oggi potete ricominciare a infierire, lasciandovi alle spalle i suoi organi ancora caldi nel corpo di quattro nostri connazionali. Aiutati a casa loro da un immigrato.
[foto La Stampa]
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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