Alzi la mano chi tra voi conosce Alessandro Cattelan. Lo conoscete tutti, vero? È il conduttore di X Factor e di un talk show su Sky che nel titolo ha il suo nome, poi fa pure lo speaker per Radio Deejay, un’ora al giorno per una trasmissione che pure questa ha il suo nome nel titolo. È una star del nostro tempo.
Alzi ora la mano chi tra voi sa cos’è successo a Portella della Ginestra il 1 maggio del 1947. Credo siate in minoranza, rispetto a quelli che conoscono Cattelan. A Portella della Ginestra, nel giorno della Festa del Lavoro di 70 anni fa, vennero uccisi a colpi di mitra una quindicina di operai che festeggiavano la vittoria delle sinistre alle elezioni regionali e chiedevano una riforma agraria contro il latifondo. A sparare furono Salvatore Giuliano e la sua banda, ma erano solo esecutori di un piano che, secondo Ferdinando Imposimato, venne ispirato anche dalla Cia. Per molti storici quell’episodio è stato il primo orrore di una strategia della tensione che per i seguenti quarant’anni ha macchiato di sangue l’Italia.
Ora vengo al punto e vi spiego perché Alessandro Cattelan è il personaggio del giorno. È una cosa un po’ contorta e cervellotica che risale a circa tre mesi fa, ma siccome questo post è anche un esercizio di memoria e una riflessione sul valore oderno della memoria, credo ci possa stare. Ero in auto e aspettavo che mio figlio uscisse da scuola, dev’essere stato un martedì di ottobre. Stavo appunto ascoltando Cattelan su Radio Deejay, quando hanno passato la chiamata di un certo Federico, dalla Sicilia. Federico si è presentato e ha spiegato che, qualche anno fa, era salito sul dorso del suo mulo per andare da Portella Della Ginestra fino a Roma, nella speranza che il Presidente della Repubblica lo ricevesse. Un viaggio per mantenere viva la memoria ma con tante altre implicazioni. Cattelan non parlava, al che Federico ha chiesto se conoscesse la storia di Portella della Ginestra. Cattelan ha risposto di no, non la sapeva, ma dal tono si capiva che non vedeva l’ora di chiudere quella conversazione. Forse l’argomento era troppo importante per un’oretta di intrattenimento leggero, forse Federico rallentava troppo i tempi frenetici della radio con la sua balbuzie (sì, tartagliava).
Mentre loro parlavano, io ho cercato tracce sul web di Federico e le ho trovate, anche sul Corriere della Sera. Nel 2011, Federico Price Bruno ha viaggiato per 45 giorni da Portella della Ginestra a Roma, su un asino.
Poi la telefonata finita e Cattelan ha fatto le sue considerazioni. Ridacchiando, con un tono irridente, se non sprezzante, certamente irrispettoso. Ha detto, testualmente, di essersi sentito “usato” da Federico, cioè strumento inconsapevole di un messaggio di cui evidentemente non vedeva l’importanza. A me sta pure simpatico Cattelan, ma se quella volta lo avessi avuto davanti lo avrei insultato. Quel dialogo mi sembrava straordinariamente rappresentativo del nostro oggi. Da una parte del telefono un ragazzo che cercava di rievocare la storia, il ricordo di quindici operai innocenti ammazzati un giorno di settant’anni prima, vittime di una storia molto più grande di loro. Dall’altra parte una star televisiva che di quella storia non solo non ne sapeva nulla, ma si sentiva in diritto di ironizzare su chi invece cerca di non dimenticarla. Se non sapere è comprensibile, se nessuno è tenuto a sapere e se il non sapere non merita una condanna, non è invece ammissibile che un personaggio così in vista del mondo dello spettacolo derida chi cerca di ricordare, di spiegare, di onorare i sacrifici umani.
Ecco, volevo raccontare questa storia. L’ho tenuta custodita nel cervello per tre mesi e oggi che ho visto lo spot del prossimo programma di Cattelan ho deciso di scriverla. Quando si dice che i ragazzi non sanno scrivere e pare che nulla del presente sia per loro interessante, si dice che la colpa è solo della scuola. Io credo che la scuola lotti contro una società che è molto più forte di lei. Per quanto possa sforzarsi di incidere sulla formazione di questi ragazzi, penso incidano molto di più le migliaia di messaggi di disimpegno da cui questi ragazzi sono trafitti ogni giorno.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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