Credo fosse un programma Rai di Nanni Loy degli anni sessanta: si immaginava un’intervista ad un italiano medio e gli si chiedeva se avrebbe sacrificato un cinese per una zuppa inglese, considerato che di cinesi allora come oggi ce n’erano tanti. Uno in più o uno in meno non faceva grande differenza.
Siamo molto felici per il ritorno in Italia del fuciliere Salvatore Girone, dopo quattro anni di purgatorio tra India e Italia. La giustizia indiana non è stata in grado di formulare un capo d’imputazione per i militari italiani sospettati di avere ucciso a colpi d’arma da fuoco due pescatori indiani, nel febbraio del 2012: giustizia da terzo mondo, hanno sottolineato in molti in questi anni, non mancando di rilevare l’arretratezza di quel Paese ed evidenziando, a riprova di questa, i numerosi casi di donne stuprate (che però, ultimamente, sono scomparsi dalle cronache).
Molti anni dopo quel frammento di tv di Nanni Loy riesumato da Blob, un mio conoscente sostenne che – al di là del diritto della giurisdizione – i magistrati di un Paese primitivo non potevano giudicare un italiano: proprio in quanto italiano, quindi figlio di una civiltà superiore.
Poi aggiunse – e qui mi è tornata in mente la zuppa inglese – che avendo tanti stranieri ammazzato altrettanti italiani non era il caso di piangere troppo per due sconosciuti pescatori di uno Stato sottosviluppato.
Solo l’equa giustizia italiana può giudicare degli italiani, sintetizzava il mio interlocutore.
Quella stessa giustizia che, tanto per fare un esempio sui tempi, esattamente undici anni fa e a 36 anni dalla strage ha mandato assolti tutti gli imputati di Piazza Fontana, condannando i familiari delle vittime al pagamento delle spese processuali.
Ecco, il personaggio del giorno di oggi si chiama Ajesh Binki. Era un pescatore indiano, aveva 25 anni ed è stato ammazzato assieme al collega Valentine Jelestine, il 15 febbraio 2012. Non si sa come siano andate le cose e io non devo condannare nessuno, tanto per essere chiari. Mi interessa solo ricordare chi è morto. Ma i motori di ricerca, provando a scovare informazioni su Binki, non hanno saputo che rispondermi o hanno solo fornito generiche notizie.
In questa storia senza certezze, l’unica certezza è che Ajesh e Valentine hanno pagato il prezzo più alto che si possa pagare. Ma i loro nomi non appaiono mai e sulle loro vite poco si è cercato: due oscuri uomini di mare di un paese primitivo, che valevano forse meno di una zuppa inglese.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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