Non mi metto in poco, oggi: personaggio del giorno, il Papa. Il fatto è che stamane, casualmente, in auto, facendo zapping alla radio (tranquilli, ho il cambio canali sul volante e quindi non mi distraggo dalla guida), mi sono imbattuto nell’Angelus di Bergoglio. Parlava del concetto di prossimo. E ho avuto l’impressione che ce l’avesse con l’arcivescovo di Sassari Paolo Atzei. L’altro personaggio di oggi. Ma sei scemo? Magari neppure si ricorda di lui e certo neppure sa cosa il presule sardo abbia detto a proposito del concetto di prossimo. E sì, dev’essere così. Ma cosa volete che vi dica? Oggettivamente stamane, dal balcone, gliene ha proprio detto di tutti i colori, anche se forse non sapeva di farlo. Dunque, le cose sono andate così. Ricordate? Saranno stati fine maggio o inizio giugno quando era scoppiato il caso della “Carità a chilometri zero”, come in una fulminante sintesi lo definì il bravo cronista della Nuova Sardegna Luigi Soriga. In sostanza l’arcivescovo turritano aveva voluto affermare in una intervista il principio della “prossimità pratica”, affermando che “la carità parte dalle persone più vicine a noi; e parlo degli italiani, che soffrono e spesso sono in miseria”. Nel fare la carità, quindi, “ci vuole equilibrio e la tentazione magari ideologica o demagogica di privilegiare i migranti rispetto agli italiani esiste e qualche volta diventa una sorta di moda”. Non bisogna certo dimenticarsi “dei patimenti dei forestieri”, aveva ammesso il vescovo che per inciso è anche un frate francescano, tuttavia “è giusto prima di tutto occuparsi dei poveri che abbiamo in casa”. Si registrava nell’intervista anche qualche inciso che certi miei amici dei quartieri popolari sintetizzerebbero in un’audace metafora il cui senso è quello dello spargere liquido fuori dal contenitore destinato a ospitarlo. Ed è invece a mio più cortese avviso un indulgere all’aspetto politico-populistico, esaurito quello religioso, del problema. In sostanza Atzei aveva detto che questi “prima o poi ci mangeranno i maccheroni in testa” e che “davanti a chi invade ci si cautela”. E Bergoglio come la pensa? Chiariamo che considero la Chiesa come una sorta di casa d’altri, non ne sono inquilino. Quindi cerco di non immischiarmi, al massimo mi incazzo quando essa si immischia nelle cose della mia casa, che è lo Stato italiano, ma questo è un altro discorso. Però ho un certo interesse per le sue vicende interne, così come, per spiegarmi meglio, pur non essendo cittadino degli Stati Uniti, seguo con un minimo di apprensione le vicende legate al scelta del prossimo presidente, vista la profonda influenza che questo Paese esercita nella cultura, nell’economia e nella politica del mondo in cui vivo. Detto questo, secondo me stamattina il gesuita Bergoglio ha oggettivamente biasimato la “carità a chilometri zero” del francescano Atzei. E lo ha fatto in un modo che sul piano politico e culturale trovo stupendo, complesso e totale nei significati, semplice nel veicolo mediale usato, la parabola del buon Samaritano, quella indicata dalla liturgia della giornata di oggi. Bergoglio ha ricordato che Gesù fece ricorso a questa parabola confrontandosi con un sapiente a proposito del concetto fondamentale per i credenti di “amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi”. Ed è noto anche agli scomunicati come me che quel dottore della legge replicò a Gesù: “Sì, ma dimmi: chi è il prossimo?”. Il Papa ha proseguito: “Anche noi possiamo porci questa domanda: chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?… Chi è il mio prossimo?”. La parabola è piuttosto nota. Un uomo che ha disperato bisogno di aiuto viene trascurato da nobili e importanti passanti e infine soccorso da un abitante della Samaria, disprezzato dai giudei perché non seguace della loro religione. Gesù chiese al sapiente chi era il prossimo di quell’uomo che chiedeva soccorso e lui ammise che fu il samaritano perché “ha avuto compassione di lui”. Quanto mi sembra strano, proprio io, ripercorrere una predica. Ma questo Bergoglio, absit iniuria verbis, ne sa una più del diavolo e stamane ha così proseguito: “In questo modo Gesù ha ribaltato completamente la prospettiva iniziale del dottore della legge – e anche la nostra! –: non devo catalogare gli altri per decidere chi è il mio prossimo e chi non lo è. Dipende da me essere o non essere prossimo.. fatti prossimo del fratello e della sorella che vedi in difficoltà… Fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento. Mi viene in mente quella canzone “Parole, parole, parole”… No, fare! Fare!… Domandiamoci – ognuno di noi risponda nel proprio cuore – domandiamoci: la nostra fede è feconda?…Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Sono di quelli che selezionano la gente secondo il proprio piacere?” Insomma. E’ lecito pensare che Bergoglio si volesse riferire più al nigeriano massacrato a Fermo che all’intervista concessa dal vescovo di Sassari Atzei. Eppure, accidenti, quell’Angelus di stamane sembrava fatto apposta. Boh, sarà. Fatti loro, comunque.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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