Mi sono simpatici i politici che somatizzano. Lo dico perché credo che il malore di Paolo Gentiloni e quelli di Francesco Pigliaru siano appunto frutto dell’emozione con la quale vivono il loro mandato. Sia chiaro, non so una mazza delle loro patologie, salvo quello che ho letto sui giornali, ma a occhio e croce mi sono fatto l’idea che, lontani dai loro incarichi, in quanto a salute ne avrebbero tratto giovamento. Il problema è che sono delle persone perbene (di Pigliaru ne sono certo e su Gentiloni tutto me lo fa pensare) e si sa che quando gente così si butta in politica parte sempre svantaggiata, ha meno scorza. Il fatto che io dica che sono delle persone perbene non significa che sia entusiasta di governi e amministrazioni relative, tutt’altro, ma ora non è ciò che conta. Dico soltanto che ci sono certi politici che in questi tempi di merda mi appaiono “come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”. La citazione non è del tutto attinente, perché don Abbondio si riparava dai pericoli conseguenti alla sua debolezza di nascita e di intelletto costruendosi una corazza da codardo e farabutto. Mentre qui parliamo di persone che, stando alle mie convinzioni, hanno come unica debolezza quella di vivere con una certa sofferenza la loro missione politica pur senza sfuggire alle conseguenti responsabilità e ricavandone quindi una grave fatica psicologica che si trasforma a sua volta in disturbi fisici. E la “terra cotta” è quindi questa loro maggiore sensibilità che li rende più fragili rispetto a molti altri politici che al contrario se ne fottono alla grande. Magari esagero, ma se è così penso hanno tutta la mia simpatia perché se io mi buttassi in politica per mestiere, finirei dopo due giorni all’ospedale o direttamente a Caramasciu (così i sassaresi chiamano confidenzialmente il loro cimitero). Il problema è che, in questi tempi di merda – e scusate se ribadisco il mio volgare e qualunquistico concetto – , i vasi di ferro che sbattacchiando durante il viaggio incrinano quelli di coccio, non sono soltanto i politici più dotati di corazza, siamo anche noi, i nostri social, la nostra concezione isterica, disperata e impaurita della politica. Sono tempi in cui uno che si è arricchito con la finanza anziché creando lavoro, diventa presidente degli Stati Uniti promettendo di combattere lo strapotere della finanza; e che, ancora prima di insediarsi, viene di fatto sospettato di essere colluso con la Russia senza che questo provochi tra gli americani significative variazioni riguardo al suo gradimento. E guardate i 5 Stelle. Le storie romane, è vero, erano più che prevedibili ed è anche giusto che si dia ai grillini il tempo di scaricare tutta la zavorra salita a frotte sul caro del futuro vincitore. Ma, accidenti, un’immagine di poca affidabilità quanto meno sul piano della competenza la hanno data, eppure riscuotono sempre un ampio gradimento. E continuano a riscuoterlo anche dopo quel triplo salto mortale europeo che, comunque la si metta, è una figura del cazzo che induce a malinconiche riflessioni su questioni tipo coerenza, capacità di guida politica, senso strategico, rispetto della linea per la quale sei stato eletto e compagnia cantante. Tempi di merda nei quali il consenso appartiene a chi con lucida confusione risponde alla nostra confusa paura. E chi non è fatto così, peste lo colga.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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