Era arrivato in città parecchi anni fa. Dal Senegal a Olbia, viaggio di sola andata, come tanti altri. Isacco era una sorta di gigante gentile. Alto e ben piazzato, uno sguardo cristallino e un sorriso bellissimo che emergeva anche se teneva le labbra serrate, la fronte altissima e poi quelle curiose treccine nei capelli che credo lo tenessero ancorato alla sua terra.
Quando arrivò in città, una trentina d’anni fa, trovò una città di mare, aperta e accogliente, dinamica e ricca di opportunità per chi aveva voglia di darsi da fare. Isacco lavorò come meccanico e poi come guardia giurata, guadagnando stima, rispetto e fiducia e restituendo lealtà, gentilezza e amicizia. Salutava sempre allo stesso modo, con la mano che finiva sul cuore. Un gesto bellissimo.
Isacco aveva intenzione, prima o poi, di tornare a casa. Aveva 59 anni. Aspettava il momento giusto, la pensione non era poi lontanissima. Invece se n’è andato in una notte fredda, ucciso dalle esalazioni di un braciere che aveva acceso nel suo piccolo appartamento. Un braciere acceso, una stufetta spenta. Gli avevano staccato la luce. Non ho ben capito se l’avesse già pagata o stesse per pagarla, quella bolletta bastarda. Lui non aveva chiesto aiuto a nessuno, anche se sapeva benissimo che di aiuto ne avrebbe trovato a volontà. Isacco era fatto così.
La notizia della sua morte ha fatto il giro della città in un battito di ali. E al dolore si unisce la rabbia. Perché non si può morire per un ritardo nel pagamento di una bolletta della luce. Perché ti viene voglia di andare dal responsabile incravattato dell’azienda dell’energia, prenderlo e farlo dormire per una notte in un appartamento gelido con un braciere acceso e la stufa spenta. E ti viene da pensare che non è giusto, che non va bene, che fa tutto schifo.
Pensieri sparsi, rabbiosi e persino inutili che, probabilmente, non sarebbero piaciuti nemmeno a lui. È arrivato il momento che la città ricambi per l’ultima volta il saluto di Isacco. Con la mano sul cuore.
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