Anche quest’anno non ho vinto la Lotteria Italia, neppure un premio di consolazione. Manco un centesimo a fronte di un investimento di 15 euro. Il 2016 si presenta quindi senza sorprese: bollo auto entro gennaio, canone tv spalmato sulla bolletta Enel, tassa del passo carraio e poi via via tutte le innumerevoli scadenze fiscali con i picchi a giugno e dicembre. Sull’Imu prima casa non mi pronuncio, ma subodoro fregature. Da un po’ di tempo mi titilla l’idea di andare a vivere in un paese lontano e ordinato, con una tassazione equa e certezze su cosa e quanto bisogna pagare. E anche sicuro e, persino, con un servizio sanitario che non ti rimanda per una tac a un lontano futuro. Di nazioni così ce ne sono a bizzeffe, anche in Europa. E molte si contendono noi pensionati italiani trattati dal fisco come se il meritato assegno (pagato salato da noi e dai datori di lavoro in anni e anni di lavoro) sia né più né meno frutto di spericolate operazioni in Borsa e come tale tartassato. Cinquemila sardi, spiegava di recente Luca Roich sulla Nuova Sardegna, hanno già fatto questa scelta. E le radici? si chiederanno i pazienti lettori di queste personalissime note. Da molto sono spezzate: da quando la politica è diventata solo bottega e comparsate in tv; da quando la cultura è un oligopolio; da quando anche la Chiesa fa schifo travolta da scandali e malaffare; da quando un governo laido cavalca l’odio generazionale aizzando i giovani, a cui hanno rubato anche la speranza, contro gli anziani “super garantiti”; da quando la Sardegna è diventata solo una terra di vacanze e crepi tutto il resto; da quando… Sono certo però che non fuggirò. Nonostante tutto amo la mia terra. Solo che la vorrei diversa ma la mia generazione e quella che mi ha preceduto non sono riuscite a trasformarla nell’Eden che merita di essere per la bellezza che il Creatore ha profuso a piene mani, per il clima meraviglioso, per gli spazi sconosciuti nel resto d’Italia, per i paesini che stanno spopolandosi, per l’arcigna ospitalità di noi sardi, per i nostri tramonti e le nostre albe, per una cultura millenaria che fa impallidire l’Isola di Pasqua ma che non sappiamo né preservare né valorizzare. Ammetto però che per un poco mi piacerebbe staccare la spina e privarmi di Porta a porta, Ballarò, Di martedì, Amici, La Gabbia e persino del Tg3 regionale e nazionale. Mi dicono che in Costa Rica (Centro America, repubblica delle banane per eccellenza tanto da non avere neppure l’esercito) si vive benissimo con mille dollari al mese. Per contro mi fanno notare che fa un po’ caldo, ma un bungalow con verandina sulla spiaggia costa come una berlina. Noi italiani non siamo proprio amati, ci accusano di aver fatto salire i prezzi e di aver inutilmente deturpato l’ambiente. Mi sembrano tutte cose già sentite.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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