Chissà perché mi è venuto in mente di costruire un’agenda intorno a Denny Mendez che, per chi non se lo ricordasse, è stata l’unica (finora) Miss Italia non italiana e di colore.Accadeva il 7 settembre del 1996, quando ancora la manifestazione era seguitissima e rappresentava uno degli eventi più importanti di Mamma Rai.In realtà di Miss Italia ne so molto poco e ancor meno di Denny Mendez che, come altre piccole e grandi miss, non ha avuto poi la fortuna che sperava tra cinema e spettacolo.Mi serve questo aggancio per riportare tutto alla dimensione della meritocrazia, argomento spinoso e totalmente dimenticato negli anni della Milano da bere, del berlusconismo imperante e ritornato di moda da Monti in poi, da quando i boccononiani (personaggi tristissimi) presero il posto dei semplicisti, sino a giungere a Super Mario Draghi. Via le cicale e dentro le formiche.Poi, come sempre, le cose non sono andate poi troppo bene per “gli studiati” i cosiddetti tecnici e si è ripassati alle facce nuove, diverse dalle solite.Nel 1996, lo ricordo bene, la vittoria di Denny Mendez fu salutata come l’avvento del modernismo, la possibilità che anche una ragazza di “colore” potesse essere eletta Miss Italia.Le forme morbide e la carnagione bianca venivano accantonate.Un tripudio di consensi. Siamo gente dal cuore tenero che ci innamoriamo di tutto. Facciamo in fretta a regalare lacrime.Denny Mendez rappresentava il sogno americano dove tutti, ma proprio tutti, potevano farcela.Penso sia partito da questi concorsi (arrivati all’apoteosi con il grande fratello) la grande corsa alla politica dove tutti possono candidarsi e fare, per esempio, il sindaco.Il 7 settembre 1996 Denny Mendez diventava Miss Italia.Poi, a ruota, molte altre miss e mister hanno cavalcato le scene senza nessun merito: bastava il sorriso e qualcos’altro. Però Miss Italia è un concorso dove non occorre conoscere l’economia per vincerlo.Diventare sindaco e provare a governare una città non è proprio la stessa cosa. Proviamo a ricordarlo il 25 settembre, dentro la “gabina” elettorale. Quanto mi piacerebbe poter dire a più di un candidato: “per te il Parlamento finisce qui”.
Giampaolo Cassitta
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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