Secondo una discussione tra i miei amici vincerà con grandissimo vantaggio il Pd, a seguire Calenda, Renzi, qualche sporadico cinquestelle e nessun voto alla Meloni, Salvini e meno che mai a Berlusconi. Non è un sondaggio, ovviamente, e non è la verità. È solo una tranquilla chiacchierata in una cerchia di persone che condividono un unico sentire e disdegnano alcuni passaggi poco etici. Lo scrivo perché lo ha fatto stamattina anche Francesco Piccolo su Repubblica e ammetto che il suo articolo mi ha portato a più di una riflessione sulla “rive gauche”. Ognuno di noi, a sinistra, ha a mente un suo modello di partito, puro e unico, etico e distante da tutto e da tutti. Siamo per il popolo ma terribilmente individualisti. A Cagliari, nel 2009, partecipai con curiosità e attenzione al comizio conclusivo per le elezioni regionali dove il candidato era Renato Soru. Lo slogan “meglio Soru” mi pareva troppo azzardato ma, in ogni caso, ero deciso a votare per lui. A quel comizio, sul palco, c’era l’allora segretario del PD Walter Veltroni e la canzone “mi fido di te” di Jovanotti venne sparata a palla. Tutti aspettavamo le parole del segretario nazionale,tutti eravamo eccitati da quello che stava per accadere. Dopo il comizio tornai a casa con la faccia da vincitore. Eravamo una grande squadra, avevamo capito tutto e il popolo sarebbe stato con noi. Vinse Cappellacci e Uolter si dimise da segretario del partito. Lo dico per dare ragione al bellissimo racconto di Francesco Piccolo e per dare ragione, soprattutto, a chi diffida delle vittorie facili. Sulle nostre bacheche virtuali i mi piace, i cuoricini, gli abbracci e i commenti sono regalati dai nostri amici e difficilmente c’è gente che la pensa in maniera diametralmente opposta. E se c’è (e tra i miei follower se ne annoverano alcuni, reali e veri amici) starà ben attenta nell’ intervenire. Da persona abbastanza scafata penso vinceranno le destre e sono convinto che dovremmo convivere con un governo difficile da amare. Però, guardando dalla nostra sponda, mi chiedo:(e vi chiedo) possibile che dobbiamo continuare a spartire quel poco di terreno in milioni di acri gridando all’universo mondo che quello che produciamo alla nostra sinistra è più buono di quello del vicino? Ecco, il problema, come lo racconta anche Francesco Piccolo, è tutto qui. Siamo abituati ad amare le nostre piccole cose che non riusciamo ad apprezzare quelle degli altri e non perché le abbiamo assaggiate ma solo per partito preso. E perderemo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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