Io non so se in tutte le professioni si registrino ingerenze esterne di persone che ti dicono ciò che dovresti fare, e come lo dovresti fare, quante se ne verificano nel mio lavoro di insegnante. Cioè, quando vado dal medico e lui mi prescrive antibiotici a base di Amoxicillina, perché ritiene siano i più idonei per la mia patologia, non mi sogno nemmeno lontanamente di dirgli: – No, guardi, sarebbero preferibili le tetracicline! – E stessa cosa vale per le consulenze dal meccanico, dall’avvocato, dal commercialista.
Invece, provate a fare l’insegnante e una larga schiera di amici, genitori e conoscenti vi dispenserà suggerimenti su come dovreste operare in classe e di quali siano gli obiettivi da perseguire. Questo accade perché a scuola ci siamo andati tutti e tutti, sulla base della loro esperienza, si sentono di parlare con cognizione di causa. Spesso ignorando che la scuola attuale è assai diversa da quella frequentata da loro decine di anni prima.
Entrate ora in una classe e mettevi a spiegare una lezione, asetticamente e sterilmente come si faceva allora. Probabilmente anche il più secchione e volenteroso degli alunni comincerà a giocare col cellulare. Vai a far capire a tutti i docenti fai da te che già varcando la porta dell’aula devi avere ben organizzata nella tua mente una marea di attività accattivanti che siano invitanti anche per i più svogliati.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che la tua platea avrà differenti modalità di apprendimento. Che ci sono gli uditivi, i visivi e i cinestesici. E che se tu parli e basta ti seguono solo i primi e ti perdi l’attenzione degli altri due gruppi. Che gli uditivi possono anche disegnare mentre tu spieghi e, anzi, ciò agevolerà l’ascolto. E se non accompagni la spiegazione con uno schema alla lavagna i visivi non riusciranno a seguirti. Oppure prova a dire a un cinestesico – Stai composto! – e quello lì troverà talmente faticoso dover sottostare ad una postura scomoda che ascoltare la lezione sarà l’ultimo suo pensiero.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che a Luigi e Francesco non puoi chiedere di leggere un brano dal libro perché sono dislessici ed hanno difficoltà insormontabili nella lettura. E non puoi umiliarli e dare in pasto i loro ostacoli al gruppo classe. E quando Giovanni ti dice – Professore’, fa leggere sempre me – devi trovare velocemente una scusa plausibile che giustifichi la tua scelta, senza intaccare la dignità degli altri.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che, dopo l’iniziale verifica delle competenze, devi trovare un compromesso tra le indicazioni dei programmi ministeriali e le voragini di lacune emerse dalle prove di accertamento. E che sarebbe da kamikaze spiegare la Divina Commedia in una classe dove la metà degli alunni ha grosse difficoltà anche nella semplice comprensione di un testo narrativo.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che ti scontrerai con dei casi umani che alle spalle non hanno famiglie, bensì macerie. Che ci sono quelli che hanno i genitori che si lanciano i piatti davanti a loro, quelli che vivono solo con la mamma e non vedono il padre da sempre, quelli che sono affidati ai Servizi Sociali perché la patria potestà è stata revocata ai genitori naturali. Che quelli lì, poverini, la voglia e la serenità per studiare non ce l’hanno. E spesso nemmeno quella per seguire la lezione. Che quelli lì, solitamente stanno in disparte e in silenzio e quando, finalmente, li vedi chiacchierare col compagno di banco durante la lezione, ti guardi bene dal dirgli – Stai attento! – e semmai benedici quel piccolo attimo di sfogo. Ma poi, quando Matteo ti dice: – Professoressa, Maria sta chiacchierando e lei non la riprende, sgrida sempre me. – tu devi anche frugare in tasca e cercare alla svelta una giustificazione credibile, sebbene lontana anni luce da quella reale.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che quando spieghi un argomento nuovo ci sarà un ristretto gruppo che capirà e interiorizzerà immediatamente, ma molti altri studenti avranno bisogno di una spiegazione supplementare. E che i primi, quelli che avevano capito al volo, si annoieranno e tu non puoi permettere che questo accada. Allora devi scovare in fretta e furia qualche esercizio di consolidamento per quelli lì, mentre tu prendi per mano quegli altri e li guidi con maggior cura dentro l’argomento. Trovando una metodologia diversa, peraltro, ché se glielo rispieghi alla stessa maniera è perfettamente inutile: non avevano capito prima, non capiranno nemmeno stavolta.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che non è necessario insegnare l’opera omnia di Dante per costruire degli adulti competenti, ché ad un test attitudinale per trovare un lavoro Dante non te lo chiederanno mai. E non ha una grande importanza sapere a memoria “Tanto gentile e tanto onesta pare”, quanto semmai conoscere la struttura e saper riconoscere metrica e figure retoriche. E se tu insegni le regole della guida, poi loro avranno le competenze per guidare qualsiasi mezzo.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che tutte le nozioni relative alle diverse discipline devono essere infarcite di obiettivi educativi. Perché noi docenti, chi con più passione chi con meno, siamo consapevoli di operare con materiale umano e sappiamo che, talvolta, è necessario rimandare l’insegnamento del congiuntivo e privilegiare quello del rispetto, dell’educazione al ragionamento, lo sviluppo dello spirito critico, del senso di responsabilità e di preparazione alla vita civica.
Vai a fare capire a chi da decenni non mette piede in una classe che questi sono i motivi per i quali io, a volte, de I Promessi Sposi francamente me ne infischio.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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