Una delle mie più grandi paure si è materializza nel titolo di un quotidiano che, a caratteri cubitali, urlava: Studente sbatte la testa e muore in classe. Ingorda di curiosità ho utilizzato le tecniche di lettura veloce per captare gli elementi essenziali. “Il ragazzo durante l’ora di lezione si stava dondolando con la sua sedia”. Ecco – ho pensato – è accaduto! Però poi sono tornata indietro a leggere con calma sperando di trovare, fra i dettagli del pezzo, qualcosa che spianasse le rughe della mia fronte. Invano. E non si sono spianate perché quella che è successa nell’Istituto Alberghiero di Roccaraso è stata una tragica fatalità, semplicemente e drammaticamente una disgrazia.
Li vedo i ragazzi nelle mie classi, i ragazzi di TUTTE le classi. In quelle che ho attraversato, quelle attuali e so che ci saranno anche in quelle che avrò in futuro. Gli alunni, specie quegli degli ultimi banchi, dondolano sulla sedia. Lo fanno loro e lo facevo anch’io quand’ero studentessa. E se ci sono le condizioni propizie lo faccio anche ora, durante il Consiglio di Classe o il Collegio dei Docenti.
E allora?
Allora no, non basta affermare che è successa una tragedia che poteva semplicemente accadere. E’ necessario cercare un capro espiatorio. E’ necessario trovarlo, quel capro espiatorio. La scuola dev’essere colpevole, perché ha permesso l’utilizzo di una sedia “non a norma” si dice. Spiegatemi, quelle a norma non scivolano se usate in maniera impropria? Non si sa, spunta fuori il “giallo della sedia”. Pare fosse a norma, sì, ma in quella classe sembra ci fossero due sedie che non lo erano. Dov’erano? Qualcuno le utilizzava? E il professore che faceva? Perché non ha impedito la caduta? Lui spiegava, era alla lavagna. Eh sì, i docenti spesso lo fanno. Cosa? Andare alla lavagna per accompagnare con degli schemi la spiegazione, ovvio. Sì, certo. E perché ogni tanto non si voltava per vigilare sulla scolaresca? Beh, può capitare che per scrivere qualcosa si impieghi una manciata di secondi, magari è accaduto proprio in quell’attimo. Ah ecco, sì, può essere. Ma siamo sicuri che avesse detto al suo alunno di non dondolare? E se gliel’aveva detto, perché il ragazzo non ha seguito le direttive del professore? Quest’ultimo non era stato abbastanza autorevole?
Ma quindi il responsabile è il dirigente che, in quanto tale, deve farsi garante della sicurezza dell’utenza scolastica? Proviamo a darla a lei la colpa? Anche a lei, voglio dire. Ma sì, certo, buttiamola nel calderone.
Sono tre, infatti, gli inquisiti per concorso in omicidio colposo: la dirigente, il docente che era in classe e il responsabile della società di consulenza che si occupa della sicurezza dell’istituto
I genitori di quel povero ragazzo hanno sicuramente tutto il diritto di conoscere la dinamica dell’incidente. Magari li aiuterà a farsene una ragione, magari no. Ma le cose accadono, senza che ci sia necessariamente qualcuno a cui addossare la responsabilità. Esiste la fatalità. Esiste il caso. Esiste la sventura. A volte bastano un paio di secondi e la morte si confonde col rumore di un cranio che sbatte su una parete e manda a pezzi un mondo. Un mondo stranamente calmo, stranamente fermo, stranamente senza colpevoli.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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