La tentazione, leggendo In Sardinia, An unexpected journey in Italy, è collocarlo. Di rispondere, cioè, alla domanda: dove inserirlo all’interno della lunga sequenza dei libri di viaggio sulla Sardegna? C’è una continuità, un filo logico, una storia coerente che lega questa sequenza? Si parte dalle testimonianze degli antichi greci, passando per le invettive dei romani contro i sardi, e per la lunga teoria dei funzionari ed esploratori dei dominatori spagnoli e savoiardi in cerca di risorse da sfruttare, per approdare in epoca moderna ai romantici viaggiatori dell’800, e finire ai decadenti e ai neorealisti del secolo scorso, da Lawrence a Vittorini. Insomma, in tutta questa teoria di viaggiatori che considerava la Sardegna terra di un margine quasi metafisico, ai bordi, più fuori che dentro, della civiltà europea, dove collocare questa opera?
Ecco. Il libro di Jeff è unico, da questo punto di vista. È un capolavoro: nel senso di opera che, secondo me, conclude definitivamente l’epoca di uno sguardo esclusivamente esterno e ne inizia un’altra, uno sguardo che, non potendo essere del tutto interno è, però, oltre che scevro da pregiudizi, “impegnato” fino allo stremo delle forze spirituali. Jeff ha compiuto uno sforzo enorme di farsi capolavoro in prima persona, di rendersi sardo, di impregnarsi di sardità al punto che, mi ha confidato, conta un giorno di trasferirsi definitivamente nell’isola. In Sardinia diventa così un’opera singolare, sotto questo punto di vista. Opera di trasformazione interiore, verrebbe da dire, persino difficile da definire. Possiamo dire, intanto, quello che non è: non è una guida turistica, anche se talvolta, nel mercato editoriale che tutto trita e mescola, viene scambiata per tale.
È infatti un libro scritto da uno storico, con cui condivido una visione della storiografia che si può condensare nel termine inglese re-storyng. Che non è una forma di revisionismo, ma di “ripristino”, così si potrebbe dire in italiano, di una storia da riscrivere, come quella sarda. Reistorificazione, ci siamo anche detti, a questo proposito.
È anche, soprattutto, un libro dei luoghi e delle tante Sardegne. Non potrebbe essere altrimenti, trattandosi dell’isola che colpisce lo sguardo con i suoi tratti inconfondibili, con prerogative che ne fanno “quasi un continente” come diceva Marcello Serra in un fortunato libro alla fine degli anni ’50.
Ma il libro che si posiziona in antitesi a questo, esce esattamente un secolo fa, ad opera dello scrittore inglese David Herbert Lawrence: Sea and Sardinia, che ancora oggi resta il libro anglofono sulla Sardegna più conosciuto.
Sarebbe limitante giudicare il libro dalla famosa citazione (la Sardegna che non ha storia, ne età, ne razza, nulla da offrire…), tuttavia quello che resta, e che poi ritroveremo in uno stereotipo difficile da morire, è quella idea (la ritroviamo, la citazione, nella prestigiosa Guida Rossa del Touring Club Italiano). Tuttavia, quell’incipit resta probante dell’idea di Sardegna che pervade lo sguardo esterno. Sguardo esterno che, a furia di essere pervasivo, ha finito per condizionare una specie di sguardo interno, comprese guide turistiche e libri sulla Sardegna.
Ma In Sardinia è un libro di rottura; non si dirige verso il centro, non segue la corrente dei luoghi comuni, non ha esigenze di un marketing che ha riservato all’isola il ruolo dell’esotismo a buon mercato, arcaico e primitivo, scenario ideale per noir e gialli, per western banditeschi in salsa sardesca e magie fiabesche di stampo medioevale.
Jeff decide, un bel giorno, di verificare quanto scritto dallo scrittore inglese, a dispetto degli amici italiani secondo i quali, anche per loro, in Sardegna “non c’è niente”. Che ci fai, in Sardegna, per l’anno sabbatico? Dopo che ti sei fatto il giro delle spiagge, dove vai? Una settimana e via, dicevano gli amici dalle grandi città d’arte italiane, Roma, Milano, Firenze, Bologna.
Che in Sardegna non ci sia niente, a parte il bellissimo mare e l’allevamento delle pecore, è un luogo comune diffuso in Italia, che pure dovrebbe conoscere una sua regione, anche se isolata dal mare.
Avendo tempo, ci sarebbe da fare tutto un bel discorso su questa ignoranza.
Ne dico solo una: mi soccorre l’ISTAT, infatti, che mi offre un dato matematico, e quindi inconfutabile, che abbrevia e chiude il discorso. In Sardegna esistono un quinto dei monumenti archeologici gestiti di tutta l’Italia, ponendosi largamente al primo posto tra le regioni italiane. Si parla di monumenti gestiti, ma sappiamo che in Sardegna, museo a cielo aperto, come la definiva Giovanni Lilliu, i monumenti gestiti non sono che una piccola minoranza. Se vogliamo, è un dato che contrasta con il mondo intero, se consideriamo che l’Italia vanta il più grande patrimonio culturale censito dall’Unesco del pianeta, con un’enormità di monumenti archeologici, come è noto. E tuttavia, anche questo dato, nel suo essere magistrato ed inequivocabile come la matematica, non tiene conto, ad esempio, dei beni immateriali dell’isola, e cioè delle prerogative culturali, etniche, tradizionali, uniche al mondo, che hanno appassionato grandi studiosi di livello internazionale che hanno eletto l’isola campo dei loro studi.
Eppure, verrebbe da dire, non se ne può fare del tutto una colpa di questa italica ignoranza: succede perché nelle scuole italiane la storia della Sardegna, nella parte che dovrebbe essere storia della nazione e di tutto il contesto occidentale, non è contemplata.
Se non lo dice la scuola, non è.
Così la Storia della Sardegna scompare dalla Storia di questa parte di mondo, e ricompare solo per le persone che giungono nell’isola con lo sguardo privo di pregiudizi.
Una sorprendente Sardegna, esclamò il grande storico francese Fernand Braudel, nel 1966, in visita nell’isola.
Ma se proprio dobbiamo trovare un libro antesignano di In Sardinia, allora, penso a “Pastori e contadini di Sardegna“, celebre resoconto di studio del grande geografo francese Maurice Le Lannou dei primi decenni del ‘900.
A differenza del francese, però, che aveva una visione sincronica, essendo un geografo, l’impostazione di Jeff è diacronica, avendo una visione storiografica, e questo aiuta a colmare il vuoto di questo secolo, con fatti, luoghi e personaggi dell’isola raccontati con piglio, oserei dire, americano. Piglio da mattatore moderno (Jeff è anche uomo di teatro, drammaturgo, performer oltreché attivamente impegnato in campo ambientale), che pure nella modernità e nella tecnologia avanzata, che favorisce le ricerche e abbrevia i tempi, mantiene una vena narrativa avventurosa, che lo rende discorsivo e non didascalico, nonostante l’enorme mole di erudizione che vi sta dietro.
Quindi, volendo schematicamente dividere i libri di viaggio che riguardano la Sardegna in due categorie, In Sardinia appartiene alla categoria minoritaria, dei resoconti scevri dai pregiudizi e dai luoghi comuni. Questa categoria minoritaria rimane sconcertata e sorpresa, di solito, e si fa mille domande, si chiede il perché di questa trascuratezza, di questo sguardo esterno sull’isola che, nella migliore delle ipotesi, ora come allora, è paternalistico, nella peggiore delle ipotesi, e pienamente razzista.
Per capire l’Italia bisogna conoscere la Sardegna, esclama ad un certo punto Jeff. Perché la storia dell’isola, evidentemente, è antesignana di quella italiana. Ma, dato che ciò non è previsto dalla narrazione storiografica nazionale, la Storia della Sardegna viene fatta scomparire. Qui il mio caro problema storiografico sardo finisce dritto dritto dentro il libro di Jeff Biggers, con tanto di graditi ringraziamenti. Il problema storiografico sardo viene elevato, dunque, da Jeff Biggers, a questione internazionale. Problema storiografico che nasconde al visitatore anche solo la semplice bellezza, suggestione e fascino di monumenti archeologici incredibili. Perché i monumenti sono lì, stanno alla vista meravigliata, ma senza un testo scritto esplicativo, senza una scuola, senza una spiegazione, cumulo di pietre restano, o “torrette tronco-coniche”.
Ma Jeff Biggers si pone un’altra domanda, insieme alla grande intellettuale sarda Nereide Rudas. Perché così tanti letterati, scienziati, artisti, filosofi, musicisti, politici in un’isola così piccola?
Il libro di Jeff diventa così un viaggio della conoscenza e della parola. Insegue immagini e gesti di personalità sarde carpendone l’anima, cercando di capirne l’essenza e il legame con la terra. Un viaggio riflessivo e pensieroso che si accompagna ai luoghi dell’isola, ribaltando il discorso, anche questo comune, sulla solitudine.
In Sardegna non si è mai soli, spiriti benigni ti accompagnano ovunque.
E niente, In Sardinia sta avendo un grande successo in America di critica e di pubblico. Il che fa più riflettere, persino con amarezza, che inorgoglire. Il pubblico americano è guidato dalla curiosità: della Sardegna nulla sa. Quindi, terra da scoprire è. Chissà, invece, le reazioni quando verrà tradotto in italiano. Già nell’isola sta suscitando enorme curiosità, normale. Ma in Italia, che pensano di sapere tutto sull’isola, e invece niente sanno, come andra a finire?
In Sardinia, An unexpected journey in Italy. Jeff Biggers, Melville House, 2023. Lingua inglese. Pagg. 354.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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